Name: Elisa
Subject: una parola
Quesito
Sono un po’ stanca, stamane.
Mi chiedo come fare a dare un senso all’ingiustizia, alla fatica, al lavoro non retribuito, alla cattiveria, all’irresponsabilità.
Sei anni fa’ mi sono sposata convinta dell’amore che provavo. Ho dovuto scontrarmi con l’egoismo e la debolezza della persona con cui pensavo di costruire qualcosa di bello per me e per il mondo.
Lotto tutti i giorni con i debiti, con le carte del divorzio, con l’incomprensione della gente. Da sola. Sempre da sola.
Vorrei chiederti come fare a dare il senso al dolore di un abbandono.
Come fare a perdonare l’irresponsabilità.
Ho 26 anni, ma mi sembra di averne 60.
Come posso ritrovare la giovinezza che mi pare perduta.
Grazie.
Risposta
Ciao Elisa, in genere rispondo a brevi quesiti sulla meditazione. Tale orientamento implica il riuscire a ritagliarsi dei brevi lassi di tempo durante cui rilassarsi e ritemprarsi per giungere ad affrontare le continue sfide della vita con sempre nuova maggiore energia, indomito cipiglio, perseveranza … La prima regola dovrebbe essere, facile a dirsi, un po’ meno da realizzare, quella di non identificarsi eccessivamente con le situazioni ordinarie o quotidiane. Superare gli attaccamenti non appena nascono nella consapevolezza che noi, il nucleo della nostra vera personalità non consiste nella contingenza, ma è ingegnosa ricchezza, forza che deriva dallo spirito di sacrificio, sofferenza iniziale che diverrà, ma solo successivamente, spensierato sorriso di comprensione.
Sarò banale, ma quelle che ora ti appaiono come difficoltà penose o insormontabili potrebbero rivelarsi ottime opportunità meditative. Tali circostanze non sono un futuribile periodo propizio, ma rappresentano l’ora, il momento, dalla cui immediatezza è possibile trarne subitanei ed efficaci insegnamenti. Noi siamo i nostri stessi guai finché li consideriamo come tali. Non appena li osserviamo senza giudicare e agiamo, sia pur tra innumerevoli difficoltà, per superarli, si avvicendano sino a trasformarsi in trampolini di lancio per nuove e interessantissime scoperte, ovvero inattese realizzazioni interiori, manifestandosi, quindi, per ciò che sono, l’aspetto esteriore della ruota del tempo, il turbinio dei propri irriducibili sentimenti, …
Come fare a dare il senso al dolore di un abbandono? Chi è che soffre, chi è che è ferito e perché? Fondamentalmente, ci si sente traditi nelle proprie aspettative. Ma la vita è impermanente, quindi il dolore del distacco è implicito nell’ordine naturale, non dipende da noi, non siamo noi ad averlo voluto o creato, è nello stato normale delle cose. Esiste un quid che partecipa e al tempo stesso trascende queste semplici evenienze. Taluni lo considerano come un Dio ineffabile, per tal’altri è la sostanza stessa della vita, che è gioia, ma che talvolta andrebbe scoperta o riscoperta nel silenzio contemplativo della preghiera, della meditazione. Il suo conforto non è effimero, non si tratta di una soluzione ad hoc. Semmai è come la realizzazione di una comprensione talmente profonda da consentirci di attribuire giusto peso ed equo valore a qualunque occorrenza possa mai riproporsi.
Sono certo che un bel momento, così come accaduto a tanti e tanti tra coloro che hanno vissuto circostanze analoghe, ti accorgerai di essere stata prigioniera di un inutile, vano sogno di sofferenza. Un promettente, brioso, inatteso mattino è più che prospiciente, è prossimo, anzi, è già lì.
Un aforisma per la meditazione:
Lascia che ti dica che cosa insegniamo. Quando un meditante vede una forma con l’occhio, di solito si presenta un senso di gradimento o di sgradimento. Il meditante allora comprende che il gradimento o lo sgradimento s’è presentato alla coscienza, ma non è inevitabile bensì condizionato e dipendente da cause. Così si rivolge a uno stato in cui vi sia equanimità e s’accorge che in questo modo il gradimento o lo sgradimento sono spariti e può vedere le cose così come sono. Questo è il modo in cui gestisce i suoi sensi. Questo è quel che insegniamo.
[Majjhima Nikaya]