Una breve introduzione formulata testé, di primo acchito, quasi estemporanea, senza nemmeno riflettere. L’autore sembra – a tratti – intriso di pessimismo, se non – persino – di un alone di soffuso relativismo, ma in realtà le sue considerazioni sottendono quanto di più positivo si possa mai concepire: la consapevolezza che prima o poi passato e futuro collasseranno comunque qui e ora, nel presente e che – di fatto – sia in prospettiva spirituale che formale – non esiste null’altro di più assoluto e incondizionato, promettente, esaustivo. La felicità non è un qualcosa che si realizzerà in un futuro prossimo venturo. La sicurezza, quella relativa, s’intende, non esiste se non nell’immaginario speranzoso di chi abdica la propria consapevolezza in favore di una mera illusione, dell’ennesimo miraggio ribadito dagli inverecondi predicatori – siano essi politici che pennivendoli – di turno. Tuttavia la salvezza morale non consiste nell’arrendersi all’inevitabile, ma nel coraggio della volontà: di progredire nel bene, … Seguono alcune profonde considerazioni di Alan W. Watts …
«Si ha allora la sensazione di vivere in un tempo di insolita insicurezza.
Negli ultimi cento anni sono crollate moltissime tradizioni consolidate da tempo: tradizioni di vita famigliare e sociale, di governo, di ordine economico, di credo religioso. Col passare degli anni sembrano sempre meno le rocce cui appigliarsi, le cose da considerare assolutamente giuste e vere, fissate una volta per tutte.
Per alcuni si tratta di una gradita liberazione dai freni dei dogmi morali, sociali e spirituali. Per altri, di una pericolosa e terribile rottura con la ragione e la salute mentale, che tende a far piombare la vita umana in un caos disperato.
Può darsi che alla maggior parte della gente l’immediato senso di liberazione abbia recato una breve euforia seguita dall’ansia più profonda.
Se tutto è relativo, se la vita è un torrente senza forma o scopo, sui cui fluttua null’altro che lo stesso mutamento, allora essa sembra qualcosa ‘senza futuro’ e quindi senza speranza.
Gli esseri umani sembrano felici solo se hanno un futuro al quale guardare — sia esso lo ‘spassarsela’ domani o la vita eterna oltre la morte.
Per vari motivi alla gente riesce sempre più difficile credere in una vita di questo tipo.
D’altra parte il momento dello ‘spasso’, quando arriva, ha lo svantaggio che è difficile goderne appieno senza la promessa di poterne avere ancora.
Se la felicità dipende sempre da qualcosa che si attende per il futuro, inseguiamo un fuoco fatuo che sfugge sempre alla nostra presa sino a quando il futuro, e noi stessi, non svaniremo nell’abisso della morte.
Di fatto la nostra epoca non è più insicura di qualsiasi altra. Miseria, malattia, guerra, mutamento e morte non sono nulla di nuovo. Nei tempi migliori la ‘sicurezza’ non è mai stata se non temporanea e apparente.
Ma è stato possibile rendere sopportabile l’insicurezza della vita umana credendo in qualcosa di immutabile al di là della portata delle calamità: in Dio, nell’immortalità dell’anima umana, in un universo retto dalle leggi eterne del bene.
Oggi queste convinzioni sono rare, anche negli ambienti religiosi. Non c’è alcuno strato sociale, e sono probabilmente pochissimi i singoli individui, toccati dall’istruzione moderna, in cui il dubbio non fermenti.
È semplicemente lapalissiano che nel secolo scorso l’autorità della scienza si e sostituita all’autorità della religione nell’immaginazione popolare e che lo scetticismo, almeno nelle faccende dello spirito, è divenuto più generale della fede.
La decadenza della fede è avvenuta attraverso il dubbio sincero, il pensiero integro e coraggioso di scienziati e filosofi di altissima intelligenza.
Mossi dal loro ardore e dal rispetto per i fatti, essi hanno cercato di vedere, capire e affrontare la vita com’è, non come si vorrebbe che fosse.
Eppure, nonostante ciò che hanno fatto per migliorare le condizioni di vita, il quadro che ci danno dell’universo sembra lasciare l’individuo senza una speranza ultima.
Il prezzo dei loro miracoli in questo mondo è stata la scomparsa del mondo futuro, e si è portati a riporci la stessa vecchia domanda: “Che vantaggio può trarre l’uomo dalla conquista del mondo intero se perde l’anima?”.
Logica, intelligenza e ragione sono soddisfatte, ma il cuore è affamato. Il cuore ha imparato a sentire che viviamo per il futuro. La scienza può darci, in modo lento e incerto, un futuro migliore — per qualche anno. Poi, per ciascuno di noi, esso finirà. Finirà del tutto. Per quanto a lungo se ne possa rinviare il momento, ogni cosa composta si deve decomporre.»
(Da: “La saggezza del dubbio”, Alan W. Watts)
– Alan W. Watts (macrolibrarsi.it)
– Alan Watts – Amazon
– Alan Watts – Wikipedia
– Fonte della citazione di Alan W. Watts