Donde scaturisce la compassione? E’ una qualità innata o si acquisisce – deliberatamente – dedicandosi viepiù a una determinata pratica? La compassione non piove dal nulla. Quanto più riconosci negli altri anche te stesso, tipico di coloro che meditano indefessamente, tanto più proverai viva compassione. Si tratta, invero, di un sentimento effervescente, talvolta finanche brioso, da non confondere, quindi, con quella sorta di pietismo di matrice relativamente etica e piuttosto pseudo-religiosa che ammanta gli atteggiamenti ipocriti di gran parte degli attuali gerenti … Leggiamo, tuttavia, come elabora l’argomento Sharon Salzberg […]
«Come dice il monaco vietnamita Thic Nhat Hanh: “La compassione è un verbo”. Non si tratta di un pensiero o di un sentimento, piuttosto di un moto del cuore. Ma come possiamo spingere il nostro cuore ad agire così? Come possiamo “realizzare” la compassione? La compassione scaturisce dalla gentilezza amorevole. Nasce dal conoscere la nostra identità con gli altri, e non semplicemente dal riflettere su di essa o dal desiderare che fosse così. Viene generata dalla saggezza del vedere le cose esattamente per ciò che sono. Tuttavia la compassione scaturisce anche dalla pratica dell’addestramento mentale. […]
In alcuni casi crediamo di provare compassione, invece ciò che stiamo sperimentando è paura. Potremmo aver paura di prendere un’iniziativa, di affrontare una persona o una situazione, di essere forti o di stabilire un contatto. Credendo di agire con gentilezza e compassione, ci tiriamo indietro. Secondo il punto di vista buddhista, tale incapacità di compiere uno sforzo per alleviare la propria e l’altrui sofferenza rappresenta una mancanza di coraggio. Poiché non è facile riconoscere la propria mancanza di coraggio, preferiamo credere di essere compassionevoli anziché spaventati.
Un altro stato mentale che viene confuso con la compassione è il senso di colpa. Quando vediamo qualcuno che soffre mentre noi siamo felici, oppure quando siamo felici in un modo che non può essere condiviso da un’altra persona, in fondo al nostro cuore possiamo avere l’impressione di non meritare tale felicità, o di doverla nascondere per pietà verso l’altro. Tuttavia il senso di colpa secondo la psicologia buddhista, rappresenta una sorta di odio per se stessi e una forma di rabbia. […]
Non dobbiamo lottare per diventare qualcosa che non siamo, odiandoci per le nostre emozioni confuse. Vedere con chiarezza ciò che accade è il terreno nel quale fiorisce la compassione. E’ essenziale l’intenzione incrollabile di penetrare le radici stesse della sofferenza».
(Da: Sharon Salzberg, Un cuore vasto come il mondo)
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