La meditazione non è solo una pratica per calmare la mente, ma anche un poderoso – quanto discreto – strumento per trasformare il mondo. Thich Nhat Hanh, pioniere dell’impegno buddhista per la pace, ci mostra come la consapevolezza coltivata attraverso la meditazione possa disvelare la nostra vera natura, interconnessa e compassionevole. In questi appunti, il maestro ci invita a riconoscere la nostra fratellanza e a impegnarci attivamente per costruire un futuro di pace. “Sono un essere umano come te e la tua vita è la mia vita”. Attraverso questa lente, scopriamo come le nostre vite siano interconnesse e come la pratica della meditazione possa arricchire comprensione e compassione reciproca.
«Milioni di persone si interessano di sport. Se siete appassionati di calcio o di baseball, immagino che avrete una squadra del cuore con la quale vi identificate. Seguirete la partita con angoscia ed entusiasmo, magari accompagnando la palla con un calcetto o un colpo di mazza immaginario. Se non si parteggia per nessuno, non c’è gusto. Anche una guerra ci dà occasione di parteggiare, in genere per chi subisce l’aggressione.
All’origine dei movimenti pacifisti c’è un sentimento del genere. Ci arrabbiamo, gridiamo, ma raramente ci mettiamo al di sopra del gioco per osservare i contendenti con gli occhi di una madre. Una madre che vede litigare i suoi due figlioli ha un solo desiderio: che facciano pace.
Un noto proverbio vietnamita dice: “Per azzuffarsi, i pulcini della stessa covata si tingono la faccia.” Tingersi la faccia significa diventare estranei ai propri fratelli e sorelle. Possiamo sparare a qualcuno solo se lo riteniamo un estraneo. Un autentico impegno per la pace nasce dalla capacità di vedere con gli occhi della compassione, e questa capacità deriva dalla chiara visione della realtà dell’inter-essere e della compenetrazione di tutti i viventi.
[…]
Quando sarà che i pulcini della stessa covata si toglieranno i colori dalla faccia per riconoscersi come fratelli e sorelle? La sola via per scongiurare il pericolo è cominciare subito; che ciascuno di noi dica all’altro: “sono tuo fratello”, “sono tua sorella”, “sono un essere umano come te, e la tua vita è la mia vita”.»