Nell’empireo delle riflessioni filosofiche e della contemplazione più recondita, questi appunti di Rupert Spira rappresentano un’ode alla connessione profonda tra l’essenza umana e l’universo circostante. Con prosa incantevole, Spira delinea un percorso di auto-indagine e consapevolezza, intrecciando saggezza millenaria con intuizioni contemporanee. Attraverso una sinfonia di parole, invita i lettori a esplorare la natura stessa della realtà e a riconoscere la bellezza intrinseca di ogni momento. In un dialogo intimo con l’anima, l’autore ci guida verso una comprensione più profonda di noi stessi e del mondo che ci circonda, aprendo le porte alla trasformazione e alla pace interiore.
“Nella reale esperienza, non è la pelle che contiene le varie parti del corpo, ma è la consapevolezza che ‘contiene’ le sensazioni che definiamo il nostro corpo. […] Le sensazioni che consideriamo il nostro corpo fluttuano liberamente nello spazio sconfinato della consapevolezza. La consapevolezza è il vero contenitore di tutte le cose […].
Anche dire che gli oggetti appaiono nella consapevolezza è vero soltanto a metà, è una concessione alla credenza nell’esistenza degli oggetti. […] Troviamo soltanto la nostra esperienza […].
Notate la totale apertura e l’ampiezza di questa presenza. Essendo totale apertura, dice sì a tutto, accoglie tutto. È puro accogliere, puro lasciare che sia. E ancora di più: è totale intimità con tutte le apparenti cose, cioè amore. Il nostro vero corpo è intimità e amore, e contiene tutto al proprio interno in modo incondizionato. Con il tempo, anche i concetti di ‘tutto’ e di ‘interno’ svaniscono e rimane soltanto la natura intima e amorevole dello sperimentare […].
L’esperienza è sempre completa in se stessa, ma se vi sovrapponiamo un concetto finiamo per credere alla realtà del concetto e non più a quella dell’esperienza. Quindi è sufficiente smettere di sovrapporre concetti all’esperienza ed essa risplenderà per ciò che è, pura consapevolezza.
[…] Scendi in profondità in tutte le esperienze, ad esempio sentire la mano appoggiata sul tavolo. Staccati dalle etichette astratte ‘mano’ e ‘tavolo’, e vai direttamente alla nuda esperienza. Immagina che sia la prima esperienza che fai in assoluto, e di non avere ricordi o riferimenti a cui paragonarla né in cui contestualizzarla. Ricordi e riferimenti sono pensieri, ma l’esperienza della mano sul tavolo non è un pensiero: è una nuda sensazione/percezione. […]
Concediti tutto il tempo necessario per percepire la nuda sensazione senza le abituali etichette del pensiero. La nuda esperienza non è forse una massa indistinta di vibrazioni? Ma anche dire ‘massa’ è troppo. Ha forse forma, confini, densità, peso, collocazione, colore, storia, età, valore o funzione? Arriva assieme a un cartello con la scritta ‘mano’ o ‘tavolo’, con l’etichetta ‘me’ e ‘non me’? Sono due percezioni o una sola?
Guarda con chiarezza tutte le etichette applicate dal pensiero all’esperienza diretta. Non dico che non siano utili a fini pratici, dico semplicemente che le etichette ‘mano’ e ‘tavolo’ non appartengono alla nuda esperienza diretta, così come quelle di ‘corpo’, ‘mondo’, ‘io’, ‘non io’ e così via. Non sperimentiamo mai una mano, una tavola, un corpo, una mente, un mondo, un oggetto, un io o un non io. Se togliamo tutte queste etichette, tutto ciò che rimane è la consapevolezza, che è un altro nome per la totalità indivisa dell’esperienza. […]
Ciò che richiede sforzo è non essere questa apertura, questo conoscere esperienziale, questa presenza consapevole, e proprio lo sforzo che sembra farci sentire qualcosa di diverso dalla presenza è ciò che crea l’apparente entità separata. Non è altro che il processo del pensiero dualistico che divide l’indivisibilità sempre presente dell’esperienza in un’apparente molteplicità di oggetti diversi, uno dei quali prende il nome di ‘io’ e tutto il resto di ‘non io’.”
[ Dal testo di Rupert Spira, La presenza consapevole]
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– Rupert Spira (macrolibrarsi)
– Rupert Spira – Wikipedia