La ricerca introspettiva, ossia la meditazione – o come altrimenti la si voglia chiamare – presuppone sempre la ricerca di una visione oggettiva che in qualche modo smascheri e travalichi le sovrastrutture mentali che il tempo ha inevitabilmente stratificato. Lo scopo è ricondursi alla propria vera natura, all’inconfondibile “volto originale”…
«Primo passo nella pratica è vedere la sovrastruttura che abbiamo costruito. In zazen, specie se applichiamo il metodo di etichettare i pensieri, capiamo che non viviamo praticamente mai la vita così com’è. La vita viene dispersa nel pensiero egoistico, nelle maglie della sovrastruttura. (Partiamo dall’ipotesi di voler davvero vedere al di là della sovrastruttura. Molti non vogliono, ed è perfetto anche così. Nessuno è costretto a praticare lo Zen, che è esigente e smascherante. All’inizio può sembrare persino minaccioso, ma il rovescio è la pienezza di vita che la pratica porta. Le due facce vanno assieme). Ricapitolando: in primo luogo, diventare consapevoli, anche se debolmente, della sovrastruttura che abbiamo eretto; in secondo luogo, praticare. La liberazione è vedere al di là dello schermo irreale che abbiamo alzato attorno a noi. Senza schermi, la vita fluisce libera. Vi dice qualcosa, o sembra pura follia?
Le sovrastrutture sono i nostri ideali. Se dipendiamo dall’idea di come dovremmo essere, o di come gli altri dovrebbero essere, abbiamo scarsa conoscenza della realtà della vita. La pratica deve frantumare le costruzioni idealistiche. È un’affermazione inaccettabile per molti. Ora, in questo momento, guardate e vedete se siete disposti a farlo. Di solito la risposta è: “No, per niente”. Ma anche questo fa parte della pratica. Vedere la sovrastruttura è un processo esigente e sottile. Il segreto è che amiamo la sovrastruttura immaginaria più della vita reale. Giungiamo al punto di ucciderci, piuttosto che abbandonare le sovrastrutture; si rinuncia alla vita per incapacità di rinunciare ai sogni. Non è infrequente. Anche senza giungere all’estremo del suicidio, restare attaccati ai sogni senza sottoporli a critica equivale a ucciderci, perché non viviamo la vera vita. Ci isoliamo negli ideali che impongono a noi stessi e agli altri di essere diversi da come siamo. È un disastro. Ma non capiamo che è un disastro, perché il sogno può essere molto comodo, molto allettante. Un disastro non è solo il naufragio del Titanic, è naufragare negli ideali e nelle fantasie, per piacevoli che siano…»
[ Da: Charlotte Joko Beck, “Zen quotidiano“ ]
– Charlotte Joko Beck (macrolibrarsi)
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– https://en.wikipedia.org/wiki/Joko_Beck