Cos’è la vacuità? Per lo meno così come la descrive in questo contesto il monaco buddhista indiano Nagarjuna, uno tra i più eccelsi filosofi che ci sia mai capitato di studiare. Fondamentalmente è assenza di alcunché. È importante sottolineare che non si tratta, dunque, di un ente o una dimensione che, per quanto astratta possa influenzare la nostra vita, ma la rinuncia ad ogni convinzione. I seguenti estratti inducono a riflettere sul fatto che sia la via dell’assoluto che quella del relativo alla fin fine coincidono. La meditazione è dunque un trampolino per bypassare il dualismo implicito agli esseri e alle cose e cogliere ciò che non può essere nemmeno descritto …
«Estratti dal Madhyamaka Karira (Le Stanze del Cammino di Mezzo) di Nāgārjuna, secondo secolo. Nāgārjuna è uno dei più grandi filosofi Buddhisti indiani. Gran parte della sua opera consiste in una critica sia alle dottrine che sottintendono l’esistenza dei fenomeni, sia quelle che ne negano l’esistenza. Nāgārjuna non presenta alcuna dottrina, poiché l’esperienza della vacuità non è compatibile con alcuna costruzione filosofica. L’idea stessa della vacuità rischia di essere pericolosa, se la vacuità viene considerata un ente o un oggetto. La vacuità richiede, ed è, la rinuncia a ogni opinione.
1. Come posso lodarti, Tu non nato e residente in nessun luogo, Tu che sorpassi ogni comparazione mondana, che trascendi la strada delle parole!
2. E tuttavia, per quanto Tu sia di dominio della suprema realtà, io ti loderò devotamente, oh Maestro, basandomi sulla convenzione mondana.
3. Privo, per natura di nascita, in Te non c’è nascita, non andata, non venuta. Lode a Te, oh Signore, a Te senza natura propria!
4. Tu non sei né un essere né un non essere, né impermanente né perenne, né eterno, né non eterno. Lode a Te, o Signore, a Te senza dualità!
5. In Te non si vede colore, né rosso, né verde, né rosato, né giallo, né nero, né bianco. Lode a Te, o Signore, a Te senza colore.
6. Tu non sei né grande né piccolo, né lungo né rotondo. Tu hai raggiunto il piano dell’illimite. Lode a Te, o Signore, a Te senza limite.
7. Tu non sei né lontano né vicino, né nell’etere né nella terra, né nella trasmigrazione né nel nirvana. Lode a Te, o Signore, che non risiedi dovechessia.
8. Tu non risiedi in nessun’entità, sei andato nel piano dell’assoluta realtà, hai raggiunto la profondità suprema. Lode a Te, oh Profondo.
9. Con questa lode possa Tu essere lodato. Ma, in realtà, sei stato Tu lodato? Tutte le entità essendo vuote, chi mai è lodato? E da chi è lodato?
10. E chi Ti può lodare, Tu privo di nascita e di sparizione, Tu dove non c’è né fine né mezzo, né percezione né percepibile?
11. Io ho lodato chi non è andato né venuto, il Bene andato, privo d’ogni andare. E i meriti che ho ottenuto con questa lode possano aiutare questo mondo ad andare sulla strada del Bene andato.»