Cenni sulla prassi introspettiva di uno dei più eccelsi – e riconosciuti – maestri dello yoga nonché, ovviamente, della meditazione. Aurobindo era, a nostro avviso, prim’ancora che uno yogi o un ricercatore spirituale, un mistico per antonomasia. La sua peculiare visione della vita era così specifica che è quasi impossibile esimersi dal prenderla in considerazione. Chiunque sia alla ricerca dell’unità essenziale degli essere e delle cose, di quanto li accomuna e di ciò che gli consente – al contempo – di trascenderli – in una visione d’assieme consapevole quanto realistica – non può esimersi dall’approfondire il suo punto di vista. […]
«Il 24 novembre 1926 Sri Aurobindo decide di ritirarsi nella sua stanza, dalla quale non uscirà mai più, fino alla morte, il 5 dicembre del 1950. Il ritiro era necessario per potersi concentrare più intensamente in quello che egli considerava il suo vero lavoro: «Non è contro il governo britannico che ora devo battermi, questo chiunque può farlo, ma contro l’intera Natura universale!». Da quel momento egli si circonda di quella riservatezza che doveva caratterizzare l’intera esistenza trascorsa a Pondicherry. «La mia vita non si è svolta in superficie, affinché gli uomini la possano vedere». Continuò comunque ad intrattenere un fitto epistolario con decine e decine di corrispondenti, tanto che questo assumerà una mole considerevole (solo una parte delle lettere sono state raccolte in sei volumi, col titolo di Lettere sullo Yoga), affrontando gli argomenti più disparati: arte, letteratura, yoga, filosofia, politica. Durante la seconda guerra mondiale egli si schierò pubblicamente a favore degli Alleati, cercando invano di far capire ai capi politici dell’epoca, tra cui Gandhi, l’importanza di contrastare con ogni mezzo le pericolosissime mire espansionistiche di Hitler e del nazismo.
Dopo aver percorso le strade spirituali del passato, aver sperimentato le più svariate esperienze di comunione divina e di realizzazione interiore, Sri Aurobindo si lancia alla ricerca di una più completa esperienza, capace di unire i due poli dell’esistenza, la Materia e lo Spirito. Mentre la maggior parte dei percorsi mistici del passato portavano ad un aldilà che sboccava ineluttabilmente al di fuori della vita terrestre, l’ascesa spirituale compiuta da Sri Aurobindo costituisce il preludio di una discesa della luce e del potere dello Spirito nella Materia, allo scopo di trasformarla. Sri Aurobindo vede (proprio come gli antichi Rishi che composero i Veda) che il mondo manifestato non è un errore o un’illusione che l’anima dovrebbe rigettare per far ritorno al cielo o rientrare nel Nirvana: il mondo è la grande scena di una evoluzione spirituale, una evoluzione o avventura della Coscienza per mezzo della quale dall’Incoscienza originaria si va sviluppando una manifestazione progressiva, in divenire, della Coscienza Divina, celata fin dall’origine o involuta nella Materia. La mente rappresenta la più alta vetta finora raggiunta dall’evoluzione, ma non è la più elevata in assoluto. L’uomo stesso, afferma Sri Aurobindo, è soltanto “un essere di transizione”. Al di sopra della mente esiste una Sopra-mente, una Coscienza-di-Verità, una divina Gnosi sopramentale che possiede spontaneamente la luce e il potere della suprema Conoscenza Divina e la cui discesa sulla terra è destinata ad apportare un radicale cambiamento nella vita e nella materia. La dimostrazione dell’attualità di questa trasformazione, che è in corso e non è di là da venire, si può trovare in quel prezioso documento di evoluzione sperimentale che sono i tredici volumi dell’Agenda di Mère: essa è aperta alla “comprensione” di tutti coloro che vogliono conoscerla e sperimentarla.»
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– Sri Aurobindo – Wikipedia