Nella tradizione buddhista, (prima di praticare le prosternazioni nelle cerimonie) si recita questo splendido verso: “Colui che si inchina e colui al quale è rivolto l’inchino per natura sono entrambi perfettamente vuoti”.
Che cosa significa, veramente? Noi sappiamo che il Buddha è fatto di elementi di non Buddha, fra cui noi stessi. E anche tu sei fatto di elementi di non te, fra cui l’elemento Buddha. La visione profonda della nostra natura intrinsecamente vuota e di quella del Buddha è prajna. Quando lo capiamo, riusciamo a rimuovere i confini che separano colui che si inchina da colui al quale è rivolto l’inchino. Quando ti inchini a colui che è immagine di perfezione, all’assoluto, al Buddha, ti ci vedi riflesso e sei in grado di riconoscere quella suprema perfezione anche in te stesso; non c’è alcuna separazione fra te e l’oggetto della tua riverenza, provi una profonda connessione con il Buddha che è in te.
Se invece rimani interamente te stesso o te stessa, e il Buddha rimane interamente se stesso o se stessa, fra voi non c’è possibilità di contatto profondo, di comunicazione perfetta.
Comprendere la vacuità delle cose in questo modo è Prajnaparamita, saggezza perfetta, ed è la base della pratica di inchinarci, come anche di tutte le altre pratiche che facciamo.
Quando avremo realizzato la perfetta comprensione nella nostra pratica delle paramita scopriremo che siamo già liberi.
Comprendere che nascita e morte non sono che un gioco a nascondino fra la dimensione storica e la dimensione assoluta ci libera completamente dalla paura.
[ Da: Thich Nhat Hanh, Il cuore del cosmo. Nuovi insegnamenti dal Sutra del Loto ]
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– Thich Nhat Hanh (macrolibrarsi)
– Thich Nhat Hanh su wikipedia
– EsserePace.org – Thich Nhat Hanh
– Fonte