Se pensate che lo zen sia una via per migliorare voi stessi o per diventare dei Buddha, vi sbagliate di grosso. Lo zen non ha nulla a che fare con le vostre idee astratte di voi stessi o con le vostre aspirazioni future. Lo zen è la realizzazione del vostro vero io, non concettuale, che è già il Buddha e non ha bisogno di cambiare. Lo zen è l’accettazione della natura così com’è, senza giudizi o preferenze. Lo zen è la sconfessione delle illusioni create dai simboli e dalle parole che pretendono di rappresentare la realtà. Lo zen è il risveglio alla vita qui e ora, senza cercare nulla di speciale. In questi appunti, formulati dall’esimio Alan Watts, potrete scoprire il significato profondo e paradossale dello zen attraverso le parole di un grande maestro e filosofo occidentale che ha saputo interpretare e trasmettere la saggezza orientale con intelligenza e umorismo. Buona lettura!
«La vita dello zen inizia con la sconfessione di mete che in realtà non esistono – il buono senza il cattivo, la gratificazione di un io che è solo un’idea, e il domani che non viene mai. Poiché tutte queste cose sono un inganno di simboli che pretendono di essere realtà, e andarne alla ricerca è come camminare diritti contro un muro sul quale un pittore abbia dipinto, per convenzione di prospettiva, un passaggio aperto. In breve, lo zen inizia al punto dove non c’è più nulla da cercare, nulla da guadagnare. Lo zen non è da considerarsi come un sistema di auto-miglioramento, o come un mezzo per divenire Buddha. Come dice Lin-chi, “se un uomo ricerca il Buddha, quest’uomo perde il Buddha”.
Infatti tutte le idee di auto-miglioramento e di divenire o di conseguire qualcosa nel futuro si riferiscono solamente alla nostra immagine astratta di noi stessi. Inseguirle significa dare ulteriore realtà a quest’immagine. D’altro lato, il nostro io vero, non concettuale, è già il Buddha, e non ha bisogno di migliorare. Nel corso del tempo esso può evolversi, ma non si critica un uovo perché non è un pollo; ancor meno si critica un maiale perché possiede un collo più tozzo della giraffa.
Una poesia Zenrin dice:
Nel paesaggio di primavera non v’è né alto né basso;
I rami fioriti crescono naturalmente, alcuni lunghi, altri corti.
Quando Ts’ui-wei fu interrogato sul significato del buddhismo, rispose: “Aspettate che non vi sia nessuno nei dintorni, e ve lo dirò”. Un po’ più tardi il monaco gli si avvicinò di nuovo, dicendo: “Non c’è nessuno adesso. Rispondetemi, vi prego”. Ts’ui-wei lo condusse fuori nel giardino e ispezionò il boschetto dei bambù, senza parlare. Il monaco seguitava a non capire, così alla fine Ts’ui-wei disse: “Ecco un bambù alto; eccone uno basso!”. O, come dice un’altra poesia dello Zenrin:
Una cosa lunga è il lungo Corpo di Buddha;
Una cosa corta è il corto Corpo di Buddha.
Il significato dello zen è dunque chiamato wu-shih (in giapponese buij) ovvero “nulla di speciale”, poiché come il Buddha afferma nel Vajacchedika:
lo non ottenni alcunché dalla suprema, perfetta illuminazione e proprio per questa ragione essa è detta “suprema, perfetta illuminazione”.»
(Da: Alan Watts, La via dello zen)
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