Qual è la via più semplice e immediata per superare il senso di ricorrente isolamento che di tanto in tanto ci sovviene come un’ombra melliflua che ci pedina dappresso inclemente? Credo che siffatta persistente sensazione sia una sorta di richiamo, un mezzo drastico e spiccio, un escamotage che la coscienza medesima adotta per rimandarci di continuo a noi stessi, per risvegliare, dunque, la propria consapevolezza sopita dai falsi flags di una mente viepiù identificata. Un modo è, pertanto, riportare alla luce l’interconnessione reciproca, relativamente latente, ma comunque senz’altro reale. Sharon Salzberg richiama il cammino spirituale del Buddha sull’amore, la compassione, la gioia compartecipe e l’equanimità. Seguirlo è un vero e proprio percorso di meditazione. …
«Durante tutta la nostra vita desideriamo amare noi stessi sempre più profondamente e sentirci uniti agli altri; invece, spesso ci isoliamo, temiamo l’intimità e soffriamo di un disorientante senso di separazione. Imploriamo l’amore e tuttavia siamo soli. La nostra illusione di essere separati l’uno dall’altro e di essere differenti da ciò che ci circonda è la causa di questo grande dolore. Qual è la via per uscirne?
La pratica spirituale, sradicando i nostri miti personali sull’isolamento, scopre il cuore radioso e pieno di gioia che è in ciascuno di noi e mostra questa luminosità al mondo. Nascosta sotto le idee laceranti di separazione troviamo una connessione sia con noi stessi sia con tutti gli altri esseri. Troviamo una fonte di grande felicità che va al di là dei concetti e della convenzione. La liberazione dall’illusione della separazione ci permette di vivere in una libertà naturale, invece di essere guidati dai preconcetti sui nostri confini e limitazioni.
Il Buddha definì il cammino spirituale che conduce a questa libertà come “la liberazione del cuore, che è amore” e insegnò un percorso sistematico e completo che porta il cuore fuori dall’isolamento, verso una vera connessione, Quel cammino è ancora possibile, è una tradizione vivente di pratiche meditative che coltivano l’amore, la compassione, la gioia compartecipe e l’equanimità. Queste quattro qualità sono tra gli stati di coscienza più belli e potenti che si possa sperimentare. In pali sono chiamate complessivamente brahmavihara. Brahma significa divino; vihara significa dimora. Praticando queste meditazioni, facciamo sì che l’amore (in pali, mettā), la compassione (karuna), la gioia compartecipe (mudita) e l’equanimità (upekkha) costruiscano la nostra casa.
Il cammino comincia dall’apprezzamento per la nostra unione con gli altri, attraverso la generosità, la benevolenza, la retta parola e la retta azione. In seguito, sulle fondamenta di queste qualità, purifichiamo la mente mediante le pratiche meditative di concentrazione. Nel farlo, sperimentiamo la saggezza, riconoscendo la verità e divenendo profondamente consapevoli sia della sofferenza causata dalla separazione, sia della felicità proveniente dalla conoscenza della connessione con tutti gli esseri. Il culmine di questo riconoscimento è definito dal Buddha “la sicura liberazione del cuore”. Il raggiungimento della comprensione della vera natura del cuore e della felicità è il compimento di un cammino spirituale. La pratica dei brahmavihara è un mezzo per giungere a questa comprensione e insieme una sua naturale espressione.»
[ Da: Sharon Salzberg, L’arte rivoluzionaria della gioia ]
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