Non sempre tutto ciò in cui si crede fermamente, perfino al di là di qualunque futuribile congettura, può essere realizzabile … L’utopia e le sue perfide e irrazionali scorciatoie sono sempre in agguato. D’altro canto, lo stesso dicasi per tutte quelle credenze aprioristiche, soprattutto spirituali, che danno luogo a una routine quanto mai illusoria. Accade spesso che ci si crogioli in un marasma d’ideali senza né capo né coda. Kahlil Gibran offre, a tal proposito, un efficace spunto artistico-letterario su cui riflettere e, ovviamente, intorno a cui meditare.
“Il mio scopo era quello di riuscire a carpirgli la storia dell’esilio che si era autoimposto, perciò lo provocai:
«Sì, gli uccelli sono in possesso di un senso dell’onore e di un coraggio che l’uomo non possiede… L’uomo vive all’ombra di leggi e di consuetudini da lui stesso create e foggiate secondo le sue esigenze, mentre gli uccelli vivono secondo quella stessa Legge Eterna di libertà che spinge la Terra a seguire la sua ampia orbita intorno al sole».
Gli s’illuminarono il volto e gli occhi, come se avesse trovato in me un discepolo in grado di comprenderlo, ed esclamò:
«Ben detto! Se credi nelle tue parole, allora devi abbandonare la civiltà con le sue leggi e le sue tradizioni corrotte e vivere come gli uccelli, in un luogo in cui manca tutto tranne la grandiosa legge del cielo e della terra».
«Credere è una bella cosa, ma mettere in atto le cose in cui si crede è una prova di forza. Sono molti coloro che parlano come il fragore del mare, ma la loro vita è poco profonda e stagnante come una putrida palude. Sono molti coloro che levano il capo al di sopra delle cime delle montagne, ma il loro spirito rimane addormentato nell’oscurità delle caverne».”
(Da “I segreti del cuore. La tempesta”, Gibran Kahlil Gibran)
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– Khalil Gibran – Wikipedia