Pema Chodron esamina brevemente la meditazione che verte sull’applicazione dell’attenzione al flusso naturale del respiro suggerendo di porre l’accento su… un aspetto dell’esercizio originario da prendere senz’altro in considerazione. Con ogni probabilità riuscirai – in men che non si dica – a mollar la presa su tutto ciò che non è consono – pertinente – al momento presente, all’attimo. L’intervallo che sopraggiunge periodicamente tra le fasi alterne del respiro si espanderà vieppiù a favore di un continuum di consapevolezza senza inizio né fine.
«Molte tecniche di meditazione usano come oggetto di meditazione qualcosa a cui ritornare di continuo, indipendentemente da quel che passa per la mente. Attraverso la pioggia, la grandine, la neve e il nevischio, il bel tempo e il cattivo tempo, ritornate semplicemente all’oggetto della meditazione, quell’espirazione sfuggente, fluida, sempre diversa, inafferrabile e che tuttavia si presenta in continuazione. Quando inspirate, è come una pausa, o un intervallo. Non c’è nulla di particolare da fare, se non aspettare l’espirazione successiva.
Una volta spiegai questa tecnica a un’amica che aveva passato anni a esercitare una concentrazione molto focalizzata sia su espirazioni/inspirazioni che su un altro oggetto. La sua risposta fu: “Ma non è possibile! Nessuno riuscirebbe a farlo! C’è un’intera parte in cui non c’è nulla di cui essere coscienti!”. Fu la prima volta in cui mi resi conto che, insita nell’insegnamento, vi era la possibilità di lasciarsi andare completamente. Avevo ascoltato maestri zen parlare della meditazione come della volontà di continuare a morire. Ed eccola qui: nel momento in cui ciascun respiro se ne usciva e si dissolveva, c’era la possibilità di morire rispetto a tutto quello che se n’era andato prima e di rilassarsi anziché farsi prendere dal panico.»
(Da: Pema Chodron, “Se il mondo ti crolla addosso. Consigli dal cuore per i tempi difficili“)