Come raggiungere una concentrazione degna di tal nome, ossia così decisa e costante da percepire la calma implicita agli esseri e alle cose? Trascendere il caos quotidiano che in apparenza ci sovrasta è uno dei compiti che ogni provetto yogi, ciascun devoto che aspiri alla meditazione sovrasensibile tenta di realizzare. Il premio del suo impegno è l’infinito spazio della consapevolezza divina. Ce lo spiega, così parlò e tant’altro disse, il maestro di meditazione, nonché yogi provetto, ispirato da un afflato – a dir poco – ultraterreno, la cui memoria non può che renderci fieri che tal guisa di saggio abbia vissuto altresì nel nostro – umile? – paese, Swami Kriyananda […]
– Lettura della Bhagavad Gita –
Questo passo è tratto dal 6° Capitolo, 19a stanza:
“Steadfast a lamp burns shetered from the wind;
such is the likeness of the yogi’s mind
shut from sense-storms and burning bright to Heaven”.
“Ferma una lampada brucia al riparo dal vento;
tale è l’immagine della mente dello yogi
chiusa alle tempeste dei sensi, arde luminosa
verso il Paradiso”.
– Commento –
In questi versi si raccomandano due modi per giungere ad una profonda concentrazione.
Primo: durante la meditazione si dovrebbe ritrarre la propria coscienza dagli oggetti dei sensi e focalizzarla in Dio.
Secondo: si dovrebbe ritrarre la propria energia dai sensi. Infatti, solo quando le sensazioni fisiche non invadono più il cervello, è possibile concentrarsi in un sol punto, insensibili a qualsiasi distrazione esterna.
La persona devota, per proteggere la fiamma della sua concentrazione dalle ventate dell’irrequietezza, deve cercare di cacciare dalla mente tutte le immagini, tutte le scene terrene, le parole degli altri, la memoria degli episodi della sua vita, tutti i pensieri legati ai piaceri del corpo, i progetti per il futuro. Nulla deve distrarla dal fine prefisso mentre la sua anima invoca Dio. Per proteggere la concentrazione dall’invasione dei sensi, come prima cosa deve controllare la risposta agli stimoli esterni. Dovrebbe allenare la mente a non essere sensibile alle sensazioni di caldo o freddo, di benessere o disagio, di irrequietezza o di stanchezza.
Con un po’ di disciplina del corpo, all’inizio della meditazione e con una forte determinazione a rimanere immobili, o a non innervosirsi, le richieste del corpo diverranno sempre più deboli. Anche solo dopo cinque minuti di tale disciplina, si potrà facilmente rimanere seduti a lungo senza sentire alcun bisogno di muoversi.
Molte delle difficoltà che si incontrano nella meditazione sono dovute alla tensione fisica. Ma, una volta che la tensione è rimossa con la pratica di un profondo rilassamento, la meditazione diverrà via via sempre più piacevole. E inoltre, con un po’ di autodisciplina mentale si noterà che sarà sempre più facile rimanere senza pensieri.
Una volta sistemati per la meditazione, dite fermamente alla mente: ” Questo è il mio momento per Dio”
Se dei pensieri inquieti cercano insistentemente di attrarre la vostra attenzione, rassicurateli: “Ne discuteremo più tardi!”
Una volta calmata la mente, cercate di meditare immaginando lo scorrere di un ruscello. Lasciate che le acque cristalline trascinino via con sé ciò che resta dei vostri pensieri inquieti. Se qualche vaga impressione entra nella vostra mente, gettatela con leggerezza nella corrente e osservatela mentre si allontana rapidamente.
Man mano che la mente diviene ferma, iniziate a calmare anche i sensi, uno per uno.
Concentratevi sulla vista. Ritraete l’energia dai vostri occhi. Immaginate che una nebbia discenda su ogni vostra visione esterna, portando la vostra attenzione alla contemplazione della luce divina dentro di voi.
Ricordatevi che è a causa dell’attaccamento alle visioni di questo mondo che alcuni non riescono a scorgere dentro di sé, il divino.
Concentratevi quindi sull’udito.
Ritraete la vostra energia dai timpani e dal pensiero dei suoni terreni. Sentite questi suoni immergersi nelle rapide acque del ruscello e dissolversi nel loro costante mormorio. A poco a poco spostate la vostra concentrazione sui suoni che pervengono all’orecchio interiore, preferibilmente, dicono gli yogi, con l’orecchio destro. Immaginate la voce dell’infinito che vi parla attraverso i suoni interiori.
Poi concentratevi sul senso del tatto.
Sentite che la superficie del vostro corpo non è la pelle, ma un’aura di luce che lo circonda. Espandete quest’aura: ad ogni vostra espirazione, immaginate di gonfiare dolcemente un pallone splendente di luce radiosa.
Ora cercate di raggiungere ogni punto in tutte le direzioni con i raggi della luce astrale. Toccate, sentite ed esplorate la più ampia realtà dello spirito.
Cercate di percepire in ogni cosa la sottile presenza della coscienza divina. Infine, concentratevi sul senso del gusto e dell’odorato. Ritraete la vostra energia dalla lingua, dal palato, dalle narici. Sentite come se steste ingoiando grandi sorsate di pace e di felicità da un calice di cristallo alla fontana dell’eternità. Offrite l’energia dei vostri sensi a Dio. Chiedetegli di riempirvi con la Sua beatitudine. Più in profondità andrete nella meditazione, più la vostra energia si ritrarrà naturalmente dal mondo esterno dei sensi. Vi risveglierete nel mondo infinitamente più straordinario dello Spirito Interiore.
Quando la vostra mente inizierà a liberarsi dai pensieri inquieti, costruite – mentalmente – una diga attraverso il ruscello che avete visualizzato. Osservate le acque salire piano piano, fino a diventare un grande lago. Con calma fissate lo specchio del lago.
Osservate riflesso nelle sue acque il cielo azzurro.
Espandete la vostra coscienza nella volta del cielo. Sentite nell’infinito spazio al di là dell’atmosfera terrestre, la vasta calma dello Spirito.
Far tacere i sensi è uno dei modi migliori per elevarsi al di sopra della consapevolezza fisica.
Far tacere la mente e le emozioni è il modo per entrare nel regno dello Spirito.
Così, attraverso la Bhagavad Gita, Dio ha parlato all’umanità.
(Da: Il Cristo eterno – Swami Kriyananda)
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