Ora che un po’ tutti conoscono la vera natura – quella superficiale, s’intende – della rana zen, sarebbe il caso di chiederle qualcosina in più sulle sue origini. A ribaltare la consuetudine fu proprio lui, il maestro, che invece di attendere l’ennesima domanda, chiese, sollecitò e poi richiese.
Se permettete, anche i maestri zen, seppur antistorici e, per giunta, in incognito, come il nostro, hanno diritto a chiedere e informarsi, a investigare, a tentar d’intuire ciò che non potrà comunque giammai esser compreso.
– “Figliola”, esordì senza preamboli l’austero venerabile della splendida Loggia del Tempio senza-nome, “parlaci ancora del tuo mondo. E’ così lontano e – del tuo comportamento – suppongo così alternativo che credo potremmo apprendere qualcosa.”
La rana zen non si lasciò pregare.
– “Maestro, il mio è un meta-mondo così pregno di consapevolezza che definirlo astrale sarebbe come sminuirlo. La condizione attuale fu raggiunta nel corso del tempo per via di un’auto-trasformazione viepiù collettiva. Il seme del Dio delle rane germogliò, dapprima, nella mente di pochi eletti. Dopodiché si espanse a tal punto da coinvolgere tutti gli esseri senzienti di quel luogo.”
– “Figliola, qual è dunque la differenza con lo stato terrestre?”
– “Maestro, lo sai bene, me lo insegni, nessuna”, sorrise la rana. “Nel mio meta-mondo l’insieme appare sempre più fluido, stracolmo d’energia, più vivido; la gamma cromatica è vastissima, ma la realtà dipende – come dovunque – dai percipienti, nello specifico dalle rane.”
– “Qual è, dunque, la vera differenza con la terra?”, insistè ancora il maestro.
– “La differenza saliente è lo stato di consapevolezza che, ben lungi dall’essere – come erroneamente credono qui sulla terra – una caratteristica psicologica, è una conseguenza della tua stessa energia. Ne vuoi di più? Se l’insieme ti sembra più vivo e più fluido, ne puoi manipolare finanche gli aspetti fisici, ma sempre e solo in sintonia con la coscienza più elevata, caro maestro, solo così”, sembrò concludere la rana.
– “Davvero esauriente, mia diletta”, ringraziò con un sottile, quanto enigmatico sorriso a fior di labbra, il venerabile.
La serata, che era cominciata sotto i migliori auspici, si concluse ancor meglio quando una fugace e repentina meteora trafisse la volta blu-notte, di cui, sinceramente, non ne avevo visto mai di così belle.