Dagli e ridagli, nel mentre la rana zen percorreva – semiattonita – il viale di chi procede sempre innanzi senza avvedersi – tuttavia – di andare all’incontrario, s’imbattè – stupita – in se stessa.
Che meraviglia! Scorgersi spoglia degli ammennicoli sovraculturali, libera dalle prediche di stampo moraleggiante, vedere come le proprie paure influenzassero, irrimediabilmente, tutta la sua pur breve vita, la turbò senza rimedio.
Di punto in bianco le sorse il problema di tutti i meditanti del mondo: come uscirne? Ossia, come superare l’impasse? Senza attendere un attimo si recò dinanzi la statua del “Buddha della Libertà (che però c’è già)”, e l’implorò di suggerirgli un indizio. La sua mente, quella della rana, cominciò subito a rielaborare una serie di alternative:
1. attenderò con pazienza, è un evento che si verifica sempre all’improvviso;
2. mediterò con regolarità e costanza;
3. mi dedicherò a opere compassionevoli, al volontariato;
4. affronterò ogni paura con la volontà;
5. esplorerò il vuoto interiore;
6. accetterò l’impermanenza e, quindi, me stessa;
7. supererò, uno per uno – o tutti in una volta – qualunque attaccamento.
Era già l’imbrunire, si fece buio, poi silenzio, ma la rana rielaborava, ancora, quel “se stessa” che solo qualche ora prima aveva appena appena intravisto. Sennonché una strana vocina tentò di farsi largo nell’oramai semi-disillusa coscienza: cui prodest? (a chi giova?).
A chi giova questo interminabile intercalare di fatti, idee, ipotesi, idealismi? Un fulmine a ciel sereno. La rana sedette senza sforzo. Poi cominciò a correre. L’ho vista passare nel viale accanto appena pochi minuti fa. Sorrideva.