Cambiamenti?
Nessun cambiamento.
Sapessi quante volte
mi sono illuso
che la mia, la tua, le nostra vite
sarebbero cambiate.
E invece dopo brevi lassi di tempo
durante cui sembrava che il mondo intero
stesse quasi per rinnovarsi
rieccoci nel tran tran
con i disagi, qualche malessere, le più imprevedibili affezioni
che si susseguono a piccole gioie e rapidi recuperi,
lievi rapimenti nell’incommensurabile empireo della mente
che sogna, che agogna, poi spera e rispera
senza fermarsi mai.
– “Maestro, come faccio a uscirne fuori”, l’implorò, pressoché disperata, la rana.
– “Non si può figliola, non si può. A meno che …”.
– “A meno che?”, maestro, “ti scongiuro, te ne prego, abbi pietà …”.
– “A meno che non molli la presa, molla la sofferenza, perché ti ci sei aggrappata, in senso psicologico, intendo. Il tuo ego ha investito, seppur inconsciamente, sul dolore buona parte della sua ragion d’essere. Ma molla pure il benessere. Quanto più ti aggrapperai al benessere, tanto più ne richiamerai la sua controfigura, la controparte, il dolore. Sicché molla il malessere, molla il benessere, molla persino l’essere. E sarai proiettata al di là. No, al di qua. No, non si può dire, perché sarebbe come descrivere la luce dentro la luce.”
La rana zen provò. Ma non si risvegliò, perché altrimenti i suoi racconti terminerebbero subito.
– “Da parte mia posso comunque suggerirti questo”, concluse il venerabile:
“Molla la presa,
molla colui che deve mollare.
Quando il soggetto e l’oggetto
non esistono più, ossia coincidono,
là il … beneficio.”