Titolo esteso: l’equità per la rana zen. Un po’ più specifico: l’equità per il maestro di meditazione della rana zen.
La rana zen… Chi è? In effetti se lo chiedeva da tanto: chi sono? Ma per quanto avesse tentato d’approfondire non era giunta a capo di nulla. O quasi. Ciò che aveva realizzato potrebbe intuirlo chiunque: io e te siamo uno. Ma la nostra cara, immancabile alleata lo percepiva così intensamente che la gioia dei suoi amici diveniva anche la sua: e la tristezza, se non la sofferenza dell’ultimo degli sconosciuti le procurava un indicibile senso di mestizia.
Quando la rana zen si rivolgeva al suo pubblico, l’antico popolo dei nobili stagni, ripeteva sempre: non meditate, altrimenti vedrete del tenero persino nel più coriaceo degli egoisti: o – di conseguenza – del subdolo finanche nel più schietto dei saggi.
Bene, stante la premessa ciascuno potrebbe supporre le più ardite e compassionevoli deduzioni. Ma la rana zen, che non si fidava più di tanto dei sentimenti, si rivolse al suo beneamato insegnante.
– Maestro, cos’è l’equità? Ma soprattutto, come si realizza?
Il venerabile sembrò interessato, si guardò intorno, ma tacque.
Trascorse del tempo.
– Maestro, comprendo la tua ritrosia nell’affrontare temi così scontati, ma potresti indicarmi una traccia?
Silenzio, nulla di nulla.
– Maestro, Maestro, l’equità è un’astrazione vaga ed erudita, ma se non si applica a un evento concreto non ha senso. E in effetti avevo in mente l’economia, la sussistenza, il lavoro.
Stavolta il maestro sorrise.
– Forse riesco a smuoverlo, pensò subito la rana che seguitò a riflettere ad alta voce.
– Equità significa che se due persone lavorano e una terza non ne ha affatto, le prime due dovrebbero soccorrere il malcapitato rinunciando spontaneamente ad una pur piccola parte del loro tempo lavorativo per consentirgli di sopravvivere per lo meno dignitosamente.
E in caso contrario – confabulò con se stessa la rana – qualora prevalesse, nonostante tutto, l’egoismo?
Il contratto sociale si basa sulla reciprocità, ne dedusse infine la rana. Senza quest’ultima c’è solo la giungla.
– E tu che ne pensi, maestro? Interloquì per l’ennesima volta la rana che si volse per apostrofarlo decisa di ottenere un pur minimo riscontro, ma rimase allibita e di stucco quando intravide l’austera sagoma del suo precettore in fondo al viale che distribuiva ad un piccolo gruppo tutti i doni che quel medesimo giorno aveva appena ricevuto.