Tra i campi sterminati di verde immacolato, là dove l’erika sembrava in sintonia col blu celeste intenso dell’ultima versione hi-tech che la più splendida coscienza-cielo avesse mai elaborato …
Che noia l’app meditativa per quella sterminata genia d’insulsi gaglioffi sub-senzienti che … “lasciamo perdere”, si disse la rana zen, “mica è un racconto di fantascienza”.
Sicché la rana zen sedette provando a estraniarsi dal contesto. Provò a concentrarsi sul centro stesso di coscienza da cui credeva d’impartire gli ordini, se stessa. Ma il suo focus fece cilecca. Non v’era nulla di nulla. Nemmeno una pallida parvenza, figuriamoci il nucleo di coscienza su cui fermarsi, in silenzio, a non riflettere.
“In quanto rana zen sono oramai fallita”, esclamò di punto in bianco la negletta. Sennonché l’airone bianco che fendeva il cielo fisico la riportò, ancora una volta, indietro. Rivide gli umili trascorsi, gli sforzi ad aiutare chicchessia, gli stenti per donare pane e amore …
D’improvviso, dalla fitta boscaglia – lo so che è banale – prospiciente il giardino del tempio dedicato alla meditazione ricomparve il maestro. No, non era il maestro, pazienza:
“Questo tipo di concentrazione è l’ennesima fuga. Se pensi di percepire l’essere lo hai perso. Medita qui, dove sei già … e vedrai. Dov’è che devi andare? Cos’è che devi fare per raggiungere tutto ciò che non è mai stato altrove se non così d’appresso che è impossibile distinguerlo? Medita qui, per sempre. Osserva il tuo respiro qui, per sempre. Dopodiché ti sentirai … ben oltre.”