Hai idea di come e quanto l’immaginazione influenzi la tua vita? Se non ti svegli ti toccherà soprattutto subire, o supporre, fare castelli in aria. Se non reagisci: un coacervo di opportunità che non si tradurranno mai in realtà; un cumulo di occasioni praticamente perdute. Al loro posto una miriade di evenienze ipotetiche, una successione continua di speranze fittizie, prive di radici, aleatorie. In che consiste il trucco che ti confina nell’incerto, che ti relega nell’ambiguo, nel sogno? Una poesia che scrissi prim’ancora d’interessarmi davvero di meditazione. Meditavo, ma non me ne rendevo conto.
Meglio come reale
Immagina la scena, è atipica, originale,
davvero fuori dal comune.
Una via percorsa
da una lunga sequela di auto,
un tramestio ricorrente
che si protrae senza tregua.
Una noia subita per caso
come un evento incoerente
o fortuito!
All’apice dell’insofferenza
la ricerca di una soluzione improbabile.
La fuga, un ambito un po’ meno invadente
o una retrospettiva silente?
Immagina il tuo sguardo dimesso,
il tuo sguardo curioso
ora che sei solo e rifletti.
Non ci speravi più …
La visione egocentrica si arrende
e rimani con una moltitudine gioiosa e stravagante
di certezze invisibili.
Non ci speravi più?
Hai scelto d’innalzarti,
ma ciò che vedi ti angoscia.
Si, ora è meglio che ti conceda una pausa,
un po’ di relax prima del nuovo sogno,
un ultimo briciolo di fantasia.
Ma sei a terra!
E il tutto ti sembra umile,
nel migliore dei casi un prodigio.
Attendi, non esprimerti a caso,
osserva con attenzione e poi considera.
Sui tetti, le distanze paion minori
tuttavia, se sali più in alto
senza pensare nè riflettere …
Quì c’è una musica,
è un pianoforte,
accompagna i versi, di più
pare che li trascriva da se.
Ci sono pure dei gatti
bianchi, neri, grigi, spelacchiati.
Curiosano attenti
o riposano.
Benché sembra che dormano
al primo segno ostile
o alla ghiotta occasione,
molle viventi li vedi volare
più veloci del segno, saettare,
scattare rapidi in gara col vento.
Nei campi pecore al pascolo
si muovono all’unisono e compiaciute.
E’ chiaro, son convinte di essere libere
di andare, venire, poter scegliere,
decidere il loro destino.
Di greggi ce ne son molti,
troppi direi e confusi.
Li vedo affollarsi con rabbia
nei dedali assurdi e contorti,
viuzze e innumerevoli o tanti
quanto i granelli di sabbia
nell’alveo di un fiume.
La forte con sè li trascina,
corrente travolge i destini
nel flusso immancabile
che conduce al proprio futuro.
Racconta una storia remota
che un vecchio lupo, magari di mare
per via di un pastore avido
le rabbonì e ammaliò così dicendo:
se voi rispetterete le regole
sarete indipendenti.
Le nere tra quelle,
le più furibonde, decisero:
Dio, ti amiamo, ma è meglio soccombere.
Le altre, pensose
o penose?
Credendo di essere furbe
caddero nel tranello tesogli dal vecchio marpione …
No, non era un re leone
che le sfidò a duello per ubbidire,
ma solo un inganno geniale,
le riformò nei ranghi.
E tu, soldatino, dove sono i presagi?
Dov’è la tua stirpe dai mille lignaggi?
Ci rimase di stucco, di piombo.
Ora son qui, e osservo
se il sogno svanisce,
se il mago fallisce
sarai vero, prodigo e ingegnoso intelletto,
senza battere ciglio
in un attimo privo di tempo,
scrupoloso e ligio al dovere,
ma quale?
Poi cala il liso sipario.
E tu, mentre simuli il saggio
o il coraggio che serve in battaglia
la stella ti appare in miraggio,
futuribile amore ideale,
vetusta speranza solare,
meglio come reale.