Meditazione, ossia la mente che osserva la mente. Quando durante il tuo insight introspettivo contempli – seppur con relativo distacco – il cielo interiore, sei subissato – spesso e volentieri – da un turbinio di capricciosi pensieri. Ebbene, come placare queste irruenti quanto invadenti schiere di formazioni mentali? Quanto più persisti nel fissare la periferia, tanto più corri il rischio d’identificarti con questo e con quello secondo una successione pressoché infinita. Una possibile soluzione? Comincia con isolare determinati istanti oppure i singoli eventi. Fermati e convergi al centro. Le pulsioni – peraltro piuttosto evanescenti – si diraderanno sempre di più, le scorgerai viepiù lontane mentre il nucleo appena colto, l’essenza, si espanderà sino a rivelarti – senza colpo ferire – l’unica realtà sottesa. Chiamala come vuoi, meditazione, consapevolezza, ma infinita, Dio … per noi è lo stesso.
Chiamala come vuoi
Piovono stelle, versi, stralci di vecchi pensieri.
Piove sconforto, sconcerto, perfino un po’ di livore.
Poi si ripresentano gli ennesimi desideri
per riproporre ancora un ulteriore carosello
d’inverosimili quanto ordinarie menzogne.
E tu che cerchi invano
di districarti per ritrovare il centro
sembri un pivello senza più speranza.
Sappi che il centro è qui,
non devi ricrearlo.
Non è che se tu forzi,
la tua attenzione ferrea,
quello si ripresenta o ne disveli l’ambito.
Quello c’è già, ti basta solo coglierlo,
mezzo in flagrante.