La nebbia che offusca la bigia porzione di cielo che mi sovrasta mentre contemplo l’orizzonte mi rammenta quella che impedisce la visione interiore di chi si affaccia all’incontrario – ossia verso sé stesso – per la prima volta. Ma cos’è che dovremmo vedere e poi, soprattutto, perché? Non è forse sufficiente la confusione esterna per aggiungervi l’eventuale trambusto interiore di desideri che premono per realizzarsi, rancori repressi, conflitti rimossi, nostalgie in apparenza dimenticate?
L’obiettivo di chi perscruta l’interiorità – e quindi medita – non è d’individuare oggetti mentali. Certo, le idee più svariate potrebbero sorgere come se provenissero dal nulla. Tuttavia la vera ricerca è di tutt’altro tenore. Cos’è che si trova? Se le condizioni sono ottimali ci sovviene innanzitutto un leggero stato di calma. Naturalmente questa sensazione è intangibile, pressoché inafferrabile. Il mio suggerimento pratico e di considerare questo modesto insight come un breve frangente di riposo. Le esigenze ci pressano? Il tran tran ci opprime? Ebbene rifugiamoci per 10-20 minuti almeno nella pura e schietta osservazione di ciò che accade, sia dentro che fuori, senza distinguere o separare alcunché. Dopo alcuni giorni di questa modesta pratica, ecco i risultati, please …
Mi sa che forse ho volato basso. Non c’erano angeli che mi dessero il benvenuto, tantomeno frammenti di futuro. Solo una straordinaria sorgente d’eterno presente cui attingere, ossia un indefinibile, quanto sconfinato, oceano di coscienza in cui immergersi. Allora, sappi che i risultati si faranno avanti da soli e saranno, al tempo stesso, sia inattesi che performanti.