L’osservazione è la chiave di volta che numerosi maestri – in particolar modo quelli di matrice buddista – suggerirono per sbloccare le proprie energie, per superare ogni genere d’impasse emotiva, per realizzarsi in senso prettamente spirituale.
Meditazione
A questo punto medita sul vuoto interiore. Chiudi gli occhi e individua il sostrato animico. Postura consona, spina dorsale ben dritta e indaga in quel coacervo di nulla. Questa meditazione è come giocare a rimpiattino con lo zero. Quindi reclama l’inesistente, il profitto che non c’è, il riscontro aleatorio. Dov’è il trucco? Hai semplicemente concentrato l’attenzione – con i riflessi positivi che il caso comporta – o si trova davvero un’energia a somma zero che esiste senza esistere?
Quindi concludi osservando il respiro. L’aria che entra è foriera d’inestimabili doni, quella che esce ti purifica con la medesima dolcezza. In sintesi, riserva una parte del tuo tempo a osservare te stesso, ossia il tuo vuoto intrinseco e l’altra il respiro spontaneo. Poi cammina.
Naturalmente – dipende soprattutto dalla tua propensione interiore – puoi anche invertire i termini dell’esercizio. Comincia con l’osservazione schietta e neutrale del respiro, avendo cura che si calmi sempre di più. Infine concludi facendoti cullare da quella pausa rilassante cosi raggiunta che dapprincipio può sembrarti simile a una sorta di non-essere, a uno spazio inconsistente senza principio nè fine. Non eccedere mai. Rammenta che stai percorrendo la via di mezzo. Gli estremismi alimentano l’attività più frenetica della mente, mentre noi auspichiamo solo l’attimo, il frangente in cui l’entità volitiva mente-corpo si distende da sé.