Sia l’amore che la meditazione non sono mai “a prescindere”, ma abbracciano o accettano tutto ciò che viene loro incontro e offrono tutto quello che è possibile condividere. Da qui la sostanziale differenza tra la spiritualità tout court degli epigoni e la prassi delle religioni organizzate che si adattano ai canoni economici vigenti – nonché agli interessi dell’establishment dominante – delle società in cui si propagano. Da qui l’atteggiamento palesemente schizofrenico di coloro che predicano per il bene comune, ma nel contempo accumulano beni a beneficio esclusivo delle proprie caste.
Ma l’amore, come la meditazione, vanno al di là spaziando nel cielo limpido della coscienza più pura per rinvenire l’essere (uno con tutti) che in prossimità dell’apice d’una antica vetta dello spirito affermò: “Io sono colui che sono”. Sicché per comprendere appieno un’auto-definizione apparentemente così sibillina bisognerebbe realizzare, seppur per pochi intuitivi frangenti, un barlume di supercoscienza. Ossia la soglia oltre cui la coscienza diviene abbondanza, l’incoscienza si converte in consapevolezza, l’odio si trasforma in amore, gli opposti di qualunque genere si conciliano e il silenzio che sorge dall’intimo diventa meditazione.
Esercizio di meditazione
Durante una bella giornata siedi all’ombra della chioma di un premuroso albero. Oppure accomodati su un accogliente panchina e indipendentemente dal fatto che tutt’intorno ci sia o meno del trambusto, estraniati. La chiave di questa meditazione è proprio il tentativo d’isolarsi, di estraniarsi, nonostante l’eventuale confusione. Una volta acquisita una certa pratica potrai reiterare anche qualora ti trovassi in una situazione relativamente problematica e avessi bisogno di ritagliarti un breve periodo di riposo. Con il tempo riuscirai a creare un’oasi personale quanto invisibile in cui ritemprarti tutte le volte che lo riterrai più opportuno.