Meditazione è il coraggio di essere in silenzio e solo. (Osho – Il piccolo libro della vita reale).
Chi è che non riesce a rimanere in “silenzio e solo” se non con una buona dose di coraggio? Soprattutto chi non ha ancora esperito – sulla propria pelle – che la quintessenza dei rapporti sociali interumani è fondamentalmente relativa, ha dei limiti, non ci si può attendere più di quanto – le suddette relazioni – non possano offrire. Ciò non significa che non valga la pena di vivere appieno, investire le proprie energie, coinvolgersi, tutt’altro. Il punto, semmai, è non illudersi. Gioca pure la tua partita, ma non dimenticare mai che al di là delle apparenze fenomeniche è sempre e solo una commedia, divina, o come ti pare, ma pur sempre commedia. Sennonché rimanere in silenzio e soli diverrà spontaneo.
Non ti sto parlando – o scrivendo – per partito preso, per essermi acculturato con qualche – pur utile – buona lettura; l’ho dedotto, l’ho vissuto. Sopraggiungerà il momento in cui scorgerai la qualità reale – inevitabilmente limitata – dei rapporti umani e rimanere – periodicamente – solo e in silenzio risulterà quasi una necessità. E quella sarà meditazione. Non confiderai i più – in modo esclusivo – nelle risorse esterne. Non nutrirai più – particolari – aspettative. Mollerai la presa e ti rilasserai in te stesso. Ma che bisogno c’è di attendere quel genere di consapevolezza? Prova subito prima che qualche – metaforica – tegola ti colpisca davvero. Chiudi gli occhi, rimani in silenzio, ossia non partecipare alla giostra dei pensieri che la mente orchestra pur di rimanere nei territori a lei più noti; se necessario, ma col solo fine di rilassarti meglio, osserva il respiro. Il tuo essere comincerà a subire una graduale trasmutazione spontanea.