Discettare su Dio, ossia sulla Monade Primeva, sull’unità per antonomasia, è quanto mai inconcludente, forse persino illusorio. Quel Principio esiste, è la scaturigine, l’essenza di ciò che è. L’importante è come rapportarcisi. Questo genere di approccio è detto meditazione. Le modalità possono essere tante. Ve ne propongo qualcuna.
La prima è l’accettazione di ciò che è, che a sua volta genera silenzio interiore, quindi concentrazione. Siedi, assumi una posizione consona, ossia anatomicamente corretta. Comincia con l’accettare tutto ciò che accade, sia che provenga dall’esterno, come ad esempio i rumori ambientali, che dall’interno, come i pensieri. Ora non v’é nulla che possa distoglierti dal tuo intento che è soprattutto quello di rilassarti.
Il rilassamento non somiglia a una coperta con la quale ti proteggi. E’ più simile a un sole che sorge e che illuminando gli anditi più reconditi disperde ogni genere di paure. Quindi non puoi evocarlo. Ti toccherà attendere e attendere fintantochè non si manifesti da sè. Questa medesima attesa è spesso chiamata meditazione, ma in realtà si tratta solo di un primo pallido accorgimento meditativo.
Una pausa. Io non scrivo di primo acchito. Esperimento, dopodiché espongo contestualmente ciò che accade. Certo, la via, il sentiero che conduce allo stato meditativo lo conosco già, quindi il mio compito è relativamente superfluo, ma mi consola il fatto che queste esperienze potrebbero essere utili a qualcuno.
Un passo indietro. Quando ti accingi a meditare non chiedere, non sperare, non auspicarti nulla, non desiderare, accetta semplicemente la situazione attuale.
Fine dei giochi. Non prendiamoci più in giro. Accetta il respiro per un lasso di tempo via via più lungo, almeno una volta al giorno. Questo ti aiuterà a concentrarti sempre di più sul tuo essere, che non è effimero. In pratica ri-conquisterai quell’unità intrinseca, primeva, che una pletora di molteplici circostanze esterne occasionali ti fecero perdere. Tutto il gioco della meditazione si risolve sempre e solo nell’unità.
Il proprio focus dev’essere riportato gradualmente dall’identificazione esclusiva con gli oggetti esterni al nucleo dell’interiorità. E’ quasi come se la società moderna nella sua brama di realizzare plusvalenza a tutti i costi abbia commerciato perfino con la tua anima. Qui non si tratta di reprimere le tue pulsioni naturali, ma di riattribuirgli il giusto valore. Come? Per quanto si dica, la meditazione tout court non è efficace. E’ indispensabile che l’approccio spirituale sia molto graduale. E non si tratta nemmeno di riformulare da subito i propri obiettivi, ma di cominciare a comprenderli, di divenirne consapevoli.
Cos’è quella sorta d’inquietudine che ti anima o persino t’infervora per sospingerti ad appropriarti psicologicamente di questo e di quello? E’ la carenza d’interiotità, di unità intrinseca, ossia di quel processo che in molti definiscono come la “realizzazione dell’essenza”. È come un lampo d’ingegnosità esplicita che t’induce a riconsiderare te stesso, la tua realtà. Parole che per ora, purtroppo, ti sembreranno solo chiacchiere, ma che ben presto si trasformeranno nella tua nuova vita. Ho detto ben presto, non qui, non ora, alla prossima.
Grazie