Il Buddha meditò per sei anni, Bodhidharma per nove. La pratica della meditazione non è un metodo per il raggiungimento della realizzazione, è già risveglio in sé.
Introduzione
Proseguiamo con l’atipica, occasionale e disarticolata disamina dell’argomento tecniche di meditazione per introdurre, in un secondo momento, il concetto, culturalmente affine, di risveglio.
Tecniche di meditazione
Le tecniche di meditazione non sono strumenti fini a se stessi, ma solo accessori temporanei. Talvolta sembrano o sono indispensabili perché abbiamo perso la naturalezza. Per anni e anni siamo stati sospinti e indotti a focalizzare, cioè dedicare tutta la nostra attenzione, al mondo esterno. Il massimo che ci è stato suggerito? Un’esplorazione, relativamente superficiale, dei sentimenti. Tuttavia esiste un’altra possibilità. Quella indicata dai maestri spirituali, nessuno escluso, più noti. Una consapevolezza tale da riuscire a vedere che interno ed esterno dei fenomeni e delle cose, spiritualità e mondo oggettivo, non sono separati. Ci appaiono tali solo per un gioco di prospettiva. Le tecniche di meditazione sono, pertanto, trucchi per cercare di focalizzare meglio ciò che è, l’unità essenziale della realtà.
Tutta la metodologia del Buddha consisteva, in primo luogo, nel riscoprire, nel riportare alla luce la consapevolezza originaria ripulendo lo specchio della mente dalle scorie prodotte inevitabilmente nel proprio passato ed evitare che potessimo proiettarle nel futuro.
In particolare, le tecniche di meditazione tentano di liberare la mente originaria, ovvero la mente del Buddha, dalla polvere che la ricopre. Naturalmente partiamo dal concetto che il nostro essere originario sia puro e che il peccato, l’errore, consista nell’identificazione inconsapevole con la polvere, cioè con il passato psicologico a discapito del presente, la consapevolezza sempre viva dell’essere e del conoscere.
Risveglio
Lo scopo di tutte le tecniche di meditazione è giungere ad una qualità di rilassamento interiore tale che sarà naturale non aggrapparsi e identificarsi con alcun pensiero. Si avrà la sensazione che i pensieri siano assenti. Ma persino quest’ultimo è un pensiero. Quando si lascerà “cadere” quest’ennesima remota sensazione e appiglio, ovvero l’ulteriore identificazione con il pensiero che non esistono più pensieri, solo allora sarà possibile ciò che la tradizione definisce risveglio.
Sopraggiungerà il momento in cui lo specchio della mente diverrà così efficiente che la sua luce riflessa sembrerà, di per sé, illuminante. Ma per quanto venga ripulito non riuscirà mai a risplendere del suo medesimo riverbero, senza cioè ricorrere all’immaginazione e rincorrere i più fatui tra i sogni impossibili. Solo coloro che comprenderanno il ritmo dell’esistenza come stato naturale abbandonando ogni mero riflesso per rivolgersi alla vita così com’è, diverranno i veri padroni di se stessi.
Eravamo convinti di essere questo e quello. Oppure di non essere né questo, né quello. Ebbene, meditare è essere consapevoli di ambedue le circostanze. I poli opposti si ricongiungono. Amore e odio si fondono per trasformarsi in compassione. E questo è il risveglio. Vedere le cose per come sono senza più subire l’identificazione con i propri stati d’animo, che come riflessi di un sogno cosmico disegnano la nostra attuale realtà.
Sicché il risveglio consisterà nell’aprire gli occhi davvero. Impermanenza e interdipendenza diverranno concetti accessori, utili, ma non indispensabili, per spiegare l’effimero. Risveglio sarà come ricondursi al centro della ruota per osservare e partecipare allo svolgersi delle vicende umane senza rimanerne necessariamente ed emotivamente coinvolti. Risveglio è smettere di sognare a occhi aperti subendo le illusioni di un’immaginazione passiva che deforma la realtà secondo i più assurdi capricci.
Una vera e propria rivelazione. La bellezza e lo splendore di un mattino pressoché compiuto. I bagliori di un vero tramonto. Risveglio è il crepuscolo di tutte le identificazioni per consentire il sorgere e risorgere di un’alba sempiterna. La magnificenza e la luminosità di una insuperabile aurora che dispiega le sue ali di gioia dovunque si rivolga l’occhio vigile e attento. L’occhio della visione che si apre per ricevere il mistero dell’assenza.
Ciò che è “oltre la mente, il silenzio, la non-mente”, sembra la manifestazione di un principio trascendente. Siffatto principio può essere definito meglio come “assenza di mente”.
Tuttavia non lottare mai contro la tua mente. La tua psiche fa parte della mente universale. E quando ti rilassi, accettala per ciò che è, con tutti i suoi pregi e difetti. Non contendere, semmai sposta l’attenzione dagli oggetti esterni, che come nuvole offuscano la tua visione prospettica, al nitido cielo interiore.
Riflessioni
Risveglio è non esser più identificati inconsapevolmente con il proprio ego, riconoscere le proprie radici esistenziali, riuscire a disporre delle innumerevoli e magnifiche risorse che la vita ci offre. Risveglio è un evento in itinere, sempre vivo, che non equivale ad un conseguimento definitivo, ma ad un processo perenne.
La conoscenza dell’origine come essenza del divino libera dagli orpelli della fatiscente retorica culturale, nonché degli orribili pregiudizi sociali. Ma se l’ego, quel demone che afferma la superiorità di una cultura sull’altra, di una tradizione religiosa sull’altra, non sarà visto e compreso, ci sarà ben donde per cui rimpiangere la spiritualità più autentica, i suoi mille fiori di reciprocità e tolleranza.
Come la fragranza che emana dalla rettitudine naturale dei tanti Buddha storici che prim’ancora di convertire il mondo ne furon conquistati.
Come i fili dell’erba erika che pur travolti dal più furioso dei venti si piegano con amorevole cedevolezza ben consapevoli che all’impeto seguirà nondimeno la calma, ed alla calma l’impeto.
Risveglio è il coraggio dell’emergenza che diventa prassi di vita.
Epilogo
Cos’è che libera? E’ il vivere sempre più nel qui e ora, senza le continue paure proiettate dalla mente. Questo comporta l’accettazione di ciò che è, dello stato delle cose esattamente come sono. E persino l’accettazione della nostra non-accettazione.
Nell’abbraccio, non giudicante, della nostra consapevolezza, nello spazio sempre più vasto della coscienza silenziosa, l’attaccamento egocentrico può apparire ancora, ma solo per dissolversi spontaneamente, come un filo di fumo nel vento.