Se potessi rinunciare ai pensieri, conseguiresti qui e ora la realizzazione della tua unità con il tutto. (Maharamayana)
I presupposti della meditazione sono spesso speculari. Rispetto alla nozione di metodo o pratica si può contrapporre quello di rinuncia (nel senso di non-partecipazione). Secondo tale prospettiva la meditazione non è qualcosa che si fa, ma una situazione da cui ci s’astiene. Ci s’astiene dal pensare, dall’agire e dall’interagire per brevi periodi appena. Il ponte tra la mente e il corpo, ovverosia ogni maldestra inopinata identificazione, diverrà viepiù palese. Poi ci s’immerge nel tran-tran col cipiglio di sempre.
Un esempio. Dapprincipio siedi. Non è un’istruzione, ma un esordio quasi inevitabile. La postura sia consona, tuttavia se non sei in pace con te stesso, come con gli altri, ci sarà sempre qualche tensione. Tieni ben presente che non stai cercando di raggiungere nulla. Non diverrai più sano né più saggio. Bene, ora astieniti dall’osservare alcunché. Non osservare il respiro. Ci riesci? Lascia che tutti quei nugoli di molecole aeriformi seguano il loro corso. Se interferissi ne modificheresti il ritmo alterando il principio imprescindibile di neutralità ed equilibrio. Il solo che consenta naturalezza.
Astieniti dall’osservare attivamente, dal pensare, dall’immaginare distrattamente, e sarai rigettato spontaneamente a te stesso, verso il tuo presente. Questo approccio potrebbe risultare del tutto inutile, inconcludente, o semplicemente formidabile. Il suo successo dipende essenzialmente se riesci a realizzarlo senza sforzo. Non è una questione d’allenamento, bensì di propensione. Non è come addestrarsi ad una determinata disciplina, ma come rilassarsi avendo cura che la vita sia un flusso di libertà. Tutto ciò che accade sullo sfondo della coscienza … è ben accetto. Naturalmente il vero astenersi, l’effettivo non-fare, accade come conseguenza di un periodo di attività relativamente intensa. Succede come risultato di un’applicazione decisamente sostenuta.
Tecniche, disciplina spirituale: condizionamenti. Pensate che conducendo una vita controcorrente si viva meglio? Pensate che inseguire l’ennesimo miraggio premi? La soffice luce crepuscolare è forse implicita all’essenzialità della propria coscienza? Mi sembra evidente ch’essa abbia comunque origine al di là del conosciuto. L’artefatto del mai nato. Una psicologia del mistero per celebrare l’uno. La meditazione è come un oceano che s’adopera per dissetare i suoi piccoli pesci. Che l’oceano di saggezza si chiami Buddha o Gesù, le sembianze non contano.
Talvolta la consapevolezza cosmica bussa alla porta della tua umile dimora fisica senza che nessuno l’abbia nemmeno interpellata. Che sarà mai, codesto brusio sfumerà come il vento tra i bambù cavi, la notte? Il giorno che s’avvicenda ripropone i medesimi fiori bianchi di sempre. Piovono rane. O si tratta invece d’innocenti farfalle? Odo sonanti, tintinnanti risate, l’aurora si tinge di giallo. Ed anche questa è meditazione. Hai compreso?
Sono i frames del pensiero. Cadono come pioggia, kadono con la semplicità disadorna propria dei raggi del sole. Osservali quando incontrano una superficie lacustre. Non l’abbandonano più. Così dovremmo abbracciare o percorrere il non-sentiero della consapevolezza. Individui come Buddha o Gesù, – so bene che ce ne sono altri, li porto solo come esempio – riuscirono a capirlo anzitempo. Perché mai dovremmo combatterci, creare conflitti, esteriori, interiori? Sarà sufficiente comprendere la vera natura dei propri appigli, delle identificazioni.
L’illuminazione c’è già. E’ solo ricoperta da un immenso mucchio di cenere. Siamo a un solo centimetro di distanza dalla meta, ma ne percorriamo chilometri senza nemmeno sfiorarla. La meta di cui parlo non è fuori, né dentro, perché non ha una collocazione spaziale; non è prima, né dopo, giacché non segue il tempo. La meta è adesso. Come il suono di un immenso gong. Oramai costretti a non tergiversare più. Qualunque sia il punto di partenza. La verità si cela nella verità, che a sua volta ne racchiude un’altra. Un’infinita successione di verità sempre più microscopiche. Quando la verità diventa così piccola da non vederla, né sentirla, né concepirla più, ecco la porta verso l’infinito …