Se accendi la tua luce interiore, scoprirai che cosa c’è di esoterico in te. (Sutra di Hui-Neng)
Esoterismo
Qual è il rapporto tra esoterismo – nell’interpretazione corrente più deleteria o banalizzata – e meditazione? Questo nesso non esiste nemmeno. La meditazione non ha nulla, nel modo più assoluto e categorico, nulla a che fare con l’esoterismo dozzinale. Il vero scopo della meditazione è quello di restituire ordine e dignità alla propria vita. Non sono ammesse congetture fuorvianti quali ipotesi misteriche come, ahimè, avviene in tante religioni tradizionali.
In realtà il termine esoterismo ha assunto un valore dispregiativo a causa di due fattori. Da un lato, gli abusi di gente corrotta che ha cercato di lucrare sul bisogno di sicurezza, sulla debolezza intellettuale, ovvero sulla credulità superstiziosa e lo smarrimento culturale di tanti poveri sventurati. Dall’altro, la propaganda estremista di coloro che sentivano minacciato il proprio primato pseudospirituale, ma che, in effetti, ironia della sorte, proprio a causa del loro continuo richiamo a istanze misteriosofiche, potrebbero essere equiparati a veri e propri occultisti.
La consapevolezza che si può raggiungere con la meditazione è come un cielo limpido. Una purezza incontaminata priva di congetture, esente dalle proiezioni immaginifiche di finte certezze create per rimediare a vere paure. Una consapevolezza che dissipa le ombre dell’assenza, le tenebre della distrazione, e dona amore, riconciliazione, forza, positività.
Prima di concludere questo breve paragrafo, mi sembra quasi scontato ribadire come l’autentica dimensione esoterica della vita sia proprio quella interiore. Allorquando tutti i simboli, retaggi esperienziali, archetipici, o culturali di coscienza o conoscenza svaniscono, ecco la verità. Se il modo di rappresentarsela o quello di giungervi appartengono ai singoli percorsi, l’incontrovertibile natura buddhica è la quintessenza d’ogni ricerca. Rammentiamo, quindi, di non confondere mai la via con la meta.
Tradizione
Non inventare mai nulla. La tradizione è relativamente più sicura. Questi sono solo giochi per ingannare il tempo. Non v’è nulla da raggiungere, nulla da ottenere, e la meditazione la sconsiglio vivamente! Meglio una passeggiata nella natura, che siamo noi … quando sei stanco siedi e osserva. Può dirsi meditazione? C’è il rischio di farsi confondere dalle parole. Parafrasando J. Krishnamurti, la parola non è la cosa. Tuttavia la nuda attenzione può essere senz’altro d’aiuto.
Bisogna tenere in gran considerazione le tradizioni perché gli insegnamenti ed i metodi che trasmettono sono stati già sperimentati, con un qualche successo, da moltitudini di provetti ed esperti meditatori. Sono sistemi più affidabili, sicuri. E’ preferibile evitare di accostare esercizi relativamente diversi e quindi di sperimentare sulla propria pelle.
Etica
L’aspetto etico della pratica meditativa è fondamentale. Il primo vero, insostituibile e inestimabile vantaggio che offre la meditazione è la chiarezza. Sta a noi coglierlo e valorizzarlo. La meditazione non può essere disgiunta dalla vita concreta. Se comprendi e realizzi che non devi attenderti la repentina risoluzione d’ogni tuo problema, forse, proprio allora, la meditazione potrebbe cominciare a dimostrarsi davvero d’aiuto. E’ possibile un altro mondo affidato ad una forza generatrice più forte d’ogni violenza e sopraffazione? Si, questa forza è la meditazione. La meditazione è mettere da parte temporaneamente tutte le etichette, i simboli, evitare di approssimarsi alla vita mediante una sua rappresentazione. Meditare è rapportarsi all’esistenza direttamente, senza mediazione di sorta.
La meditazione non è qualcosa di fine a se stesso. Se lo fosse diventerebbe un peso. Chiunque si dedichi completamente alla spiritualità diventa, per forza di cose, antagonista alla società, un soggetto sterile. Bisogna rendere la vita un oggetto di meditazione. Anche i monaci dovrebbero vivere del proprio lavoro, ma non un impiego remunerato dallo Stato. Non è possibile rinunciare alla società, quindi dipenderne per il proprio sostentamento ed esserne al contempo liberi. Chi segue questa via diventa, suo malgrado, un simulatore.
Non trovo ancora la novità, ciò che potrebbe offrire davvero una svolta di comprensione. Naturalmente non sto parlano di una qualche effimera o ridicola nuova rivelazione, e neppure di un’ulteriore sistematizzazione divulgativa. La mia difficoltà? Non riesco a capir bene quelli che eventualmente vivono e lucrano, laici o clerici fa lo stesso, sulla spiritualità. In altre parole, diffido quasi sempre dei cosiddetti professionisti della fede. La spiritualità non è faccenda o situazione seriosa, ovvero contesto greve, frangente austero, occasione compunta o compassata. La spiritualità è un gioco, il gioco della ridondanza, della sovrabbondanza d’amore, di energia.
Il problema etico della meditazione non è accettare o meno l’esistenza del dualismo bene-male, ma rendersi conto che il male è prevalentemente d’origine mentale e, nonostante sia frutto di una condizione artificiosa, il primo passo per un suo superamento non può prescindere, comunque, dal rifiutarlo.
Esiste un presupposto “spirituale” al di là del bene e del male? Si, è la consapevolezza.
Considerazioni
Bene, ho riletto con attenzione ed il ragionamento sin qui svolto non fa, apparentemente, una piega; è parziale, ma plausibile. Il problema è che si tratta pur sempre d’un ragionamento. Ho cercato la quadratura del cerchio tra meditazione, esoterismo, etica e tradizione. Ho tentato di dipanare il bandolo della matassa. Ma il bandolo è nella matassa o, parafrasando un ipotetico maestro zen, non esiste né bandolo, né matassa.
Vorrei sottolineare che gli Yogi più autorevoli, indipendentemente dalla tradizione d’appartenenza, insegnano sovente che non v’è nessuna possibilità di crescita – preferirei dire comprensione o consapevolezza – spirituale senza che prima si sviluppi o approfondisca la conoscenza delle parti dell’essere che si possono sperimentare. Partire dal punto ove ci si ritrova già, il corpo – ossia il respiro – o talvolta la mente, e procedere verso il proprio cuore (da non identificare necessariamente con il sentimento). Talvolta mi piace dire che il vuoto psicologico è mancanza d’amore (cristallino, cioè sincero, spontaneo …).
Non pretendo che la mia disamina sia stata minimamente soddisfacente. Spero, almeno, di essere riuscito ad offrire qualche ulteriore spunto di riflessione.
Prima di concludere, una precisazione che di tanto in tanto preferisco riproporre. Sceverare i diversi aspetti della meditazione non significa affatto insegnarla. Un insegnante si limita a spiegare una o più tecniche che egli stesso ha praticato con successo e di cui ne conosce risvolti e piccoli segreti. In questi articoli stiamo solo investigando.
Epilogo
In genere ci sentiamo rapiti e proviamo stupore dinanzi un bel paesaggio, uno splendido tramonto, un’alba viepiù promettente. Invece la meraviglia può scaturire da qualunque contesto e provenire dall’essenza più intima delle cose, ovvero rifletterne l’effettiva, insondabile e inesplicabile natura. Purché, naturalmente, se ne prenda atto, si accettino le cose per ciò che sono, senza identificarsi eccessivamente, senza pretendere di cambiarle ad ogni costo, ma adoperandosi, comunque, per migliorarle sempre …