Durante i primi anni del mio apprendistato meditativo, quando ancora incespicavo di continuo seguendo questa o quella moda, infatuandomi, quindi, delle novità più inverosimili, ebbi la fortuna di ascoltare – e registrare – questo breve discorso. All’epoca ero in india, in visita presso uno dei tanti Ashram che accoglievano i neofiti occidentali più recenti e non chiesi, ingenuamente, nemmeno chi fosse l’oratore. Oramai è impossibile risalire alla fonte, ma quel breve sermone … mi lasciò comunque un ricordo indelebile, mi convinse così tanto che riecheggia ancora tra le nostalgie più riposte di quelle mie primitive – tali oramai le considero – estroverse escursioni psico-turistico-spirituali. Lo riporto previo opportuno adattamento.
«Carpe diem, ossia cogli l’attimo; free your mind, cioè libera la mente; quindi non dubitare … e così via, sono solo chiacchiere. Chi cade nella rete di star seduto ad oltranza, all’infinito, ad libitum e come un ebete a osservar sine die tutto ciò che gli sovviene, i suoi presumibili pensieri, perde il suo tempo, si comporta, suo malgrado – non me ne voglia alcuno – come un ingenuo che cacciando qualche insetto crede di far sparire tutti i parassiti nocivi del mondo. Oppure come colui che agguantando una farfalla crede di catturare bellezza, leggiadria e purezza al tempo stesso.
Il problema, semmai ce ne fossero, è che noi non siamo soltanto la mente – in quanto strumento operativo o ideativo per antonomasia –. Tuttavia, dal momento in cui lo consideri come tale, diventa l’artefice, colui che tesse la tela della vita. Si, ma se non sono i pensieri o, in sintesi, il corpo-mente, chi è colui che pensa, che respira? Attenzione, non ti sto chiedendo di domandarti alcunché, tanto meno di meditare, altrimenti cadremmo nel circolo vizioso dei cosiddetti maestri che si rimpallano l’un l’altro la medesima litania riproponendo solo mere illusioni.
Non sto, dunque, cercando la Verità, né provando a suggerirti un nuovo escamotage meditativo. Non intendo offrirti un ulteriore balocco per bypassare le tue idiosincrasie personali. Credi in tutto ciò che ti pare. Confida in tutto quel che ti sembra più giusto o soave e finanche sacro. Non m’interessa l’autenticità dei tuoi dubbi. Infine, ed è molto importante, non invento nulla! Le semplificazioni eccessive ci hanno restituito un oceano di confusione. Ritorniamo alle origini, proprio al punto in cui qualunque filosofia del sacro mosse i suoi primi tremuli passi.
Mentre la mente è, in realtà, digià del tutto libera, l’attimo non puoi coglierlo se non divenendo tutt’uno con ciò che, di volta in volta, accade. Cogliere l’attimo non significa afferrare una determinata opportunità, bensì realizzare l’istante senza tempo. Concentrati, dunque … prova col respiro. Diventa l’inspiro o l’espiro, nonché la pausa che, in alternanza, intercorre. Quindi ri-diventa te stesso! Quanto più sei te stesso e convergi verso il tuo centro, tanto più sarai distante e perciò equilibrato rispetto al contesto, non sarai più supinamente coinvolto in relazione all’ambito, al quadro ambientale. Il giogo si è dissolto, le certezze spezzate. Ora sei libero. Ora puoi davvero meditare.»