A che serve rammentare il proprio sé, a risvegliarsi, a realizzarsi? A superare il dolore, la sofferenza esistenziale causata dall’ignoranza di fondo della propria natura più intima. A essere più consapevoli e, quindi, a non cadere vittime dell’incredibile congerie di strampalate credenze che l’elite religiosa ci propina. A stare meglio con sé stessi come con gli altri. A vivere una vita dignitosa senza mendicare qualche briciola di assurda solidarietà. Parole al vento che ti danzano all’interno fin quando non le molli per lasciarti sommergere dalla realtà del non-senso. Sì, perché qualunque cosa tu dica o faccia sarà solo l’ennesimo sterile tentativo di produrre l’indicibile. Eppure basterebbe ripescare dalle profondità più recondite della tua memoria subliminale qualche misero frammento per ricordare chi tu sia veramente; ossia per rammentare i tuoi più remoti e trascorsi natali, il tuo antico lignaggio.
Risalire metaforicamente alle origini è la prassi di tutti i cammini spirituali. Risalire al vertice – o se preferisci, al centro virtuale – laddove campeggia il facitore dei mondi che le svariate religioni rappresentano o identificano nei modi più differenti. Quindi gli attribuiscono un senso e uno scopo … per perdersi di nuovo tra la moltitudine d’incongrui dedali terrestri.
“Sai qual è il modo più astuto con cui ti adoperi di continuo per evitare te stesso?”, mi chiese il mio antico maestro durante uno dei nostri amichevoli – così proficui quanto informali – incontri. “Attribuire un senso a tutto ciò che accade”, chiarì. “Accettare la vita non implica aderire necessariamente e in modo passivo a qualunque evenienza si presenti, ma astenersi dall’etichettare, dal giustificare, dall’interpretare, dal catalogare a tutti i costi. Agisci, quindi, in modo razionale, ma senza auto-giustificarti per tutto ciò che fai. Non impelagarti mai nei meandri dell’emotività. Il sole è giallo? Bene! La poesia ti sovviene? Meglio! I motivi di fondo lasciali sull’ardito sentiero di montagna che ogni giorno percorri per raggiungermi. O, se preferisci, siccome ti sei formato secondo i canoni linguistici, espressivi, delle religioni del Libro, lasciali a Dio. Abbandona i vecchi fardelli e non crearne di continuo di nuovi. Per quanto mi riguarda la vita non ha senso o, al massimo, si tratta di un semplice, luminosissimo gioco.”