A che pro un altro racconto della rana zen? È che alla fine ti rivela sempre un suo piccolo non-segreto.
“Maestro, oggi ho pensato a tutto ciò che sarebbe potuto accadere se tanti e tanti anni fa non mi fossi, di punto in bianco, tirata indietro. Il vero motivo fu che non mi ritenevo – per lo meno rispetto a quella specifica situazione – all’altezza. La paura di essere rifiutata, il timore di realizzare un sogno? Terrore per le vertigini della gioia così raggiunta? Ma no, si trattava solo del temperamento – poco o affatto battagliero – di una rana che, tutto sommato, non voleva esporsi, desiderava rimanere nell’ombra, tirare si i fili del proprio destino, ma con tanta – forse troppa – riservatezza, dietro le quinte”, farfugliò la rana zen prostrata dinanzi a una splendida statua del Buddha in meditazione.
“Farò come il maestro del “Tempio dell’Esser Soli” mi ha suggerito, attenderò una risposta, non mi muoverò fintantoché non l’avrò ricevuta, rimarrò qui a oltranza, seguirò il suo adagio meditativo: ora o mai più”, aggiunse la rana.
Sennonché di soggetti che praticavano alla lettera il noto adagio – noto agli adoratori del Celeste Silenzio – ce n’erano una vera folla. Prostrati, no, pardon, fermamente seduti nella postura più consona fissavano il bianco-muro della non-mente dentro se stessi. Esteriormente sembrava che adorassero il Buddha, ma in realtà il Buddha non c’era. Era solo il loro focus, ciò che un profano avrebbe percepito – di primo acchito – come un semplice vuoto.
“Bene, ma che rappresenta questo scritto, un satsang futuribile col nulla-tutto?” esclamò la rana zen che per puro caso era entrata in possesso del racconto, ma nel futuro.
Già, erano trascorsi tanti di quegli anni che i protagonisti di cui sopra, nessuno escluso, si erano così fossilizzati nel tran tran psico-spirituale da dimenticare che il nocciolo della questione era e sarebbe stato: concentrati. Vabbè, ma concentrati dove, su che? Su ciò che ora ti sembra un semplice, ma puro, seppur banalissimo spazio vuoto – un’assenza – quello dell’infinito non-sè che ti trascini, ma solo perché non lo conosci. E che è proprio ciò che rifiuti, ossia che scansi, che a volte ti terrorizza, ciò da cui fuggi!
E poi? “E poi stai tranquilla che le occasioni le concretizzerai tutte… e senza colpo ferire”, le rispose infine il vecchio Buddha.