La rana zen conosceva bene il problema dell’accoglienza. Durante l’ultimo soggiorno sul suo pianeta d’origine era rimasta letteralmente esterrefatta, lo aveva trovato stravolto. Le etnie stanziali presenti alle varie latitudini si erano, loro malgrado, rimescolate e le molteplici società – che sino allora non erano mai state nemmeno semi-globalizzate come sulla povera terra – avevano subito un tracollo culturale gravissimo.
La rana sapeva bene che significasse pretendere di far convivere costumi, tradizioni e religioni così distanti. La convivenza si sarebbe rivelata, prima o poi, un amalgama fittizio e le conseguenze sarebbero state, a dir poco, dolorose. E’ la dura legge della vita, si disse assistendo impotente alle persecuzioni realizzate scientemente dalle fazioni autoctone a discapito delle stanche moltitudini di migranti senza arte né parte che si abbarbicavano, forse per istinto di sopravvivenza, agli ultimi scampoli culturali su cui poter contare per riconoscersi e sostenersi a vicenda. Un vero dramma.
Quel coacervo collassò e per separare i contendenti le milizie locali non trovarono di meglio che ricorrere a ulteriori migrazioni forzate. Sicchè a dolore s’aggiunse dolore e alla sofferenza, all’onta della disfatta civile, si sommò la vergogna. Ma tant’è …
E che facevano ora, questi sciocchi terrestri? Con la finta giustificazione di salvaguardare i neo-rifugiati d’ogni dove si disimpegnavano dal soccorrerli davvero nelle loro terre natie. Vigliacchi, questi terrestri. Privi di senno, d’amore per il prossimo, privi della benché minima compassione.
“Ebbene, hai sognato abbastanza” la redarguì duramente il maestro che aveva trovato la rana tra le nuvole. “Basta con le fantasie e ripoggia quei benedetti piedi sul finto sagrato del santo-nulla. Chiudi gli occhi e con l’aiuto del respiro trova il tuo centro, che poi è quello di chiunque. Abbi pietà di te stessa.”
“Maestro, e l’amore per il prossimo? Io vedo Dio negli altri.”
“Figliola, a parte che se non lo percepisci innanzitutto in te stessa, il fatto che lo veda negli altri sarà pura illusione. Un castello di sabbia pronto a crollare al primo scossone. Quindi, l’amore può essere, beninteso, soggettivo, ossia tra piccoli gruppi, ma la pietà di Stato non può trasformarsi in masochismo sociale. Lo sai già, soccorri chiunque, ma nella sua terra.”
“Maestro, scusa se insisto, ma i Papi?”
“Già, quelli sostengono accoglienza comunque e dovunque. Il problema è che, malgrado tutto, si sentono in ogni modo uno Stato. Gesù, cui s’ispirano, si riferiva a piccole realtà, non alle dinamiche dei macrosistemi economici. Non solo, ma la commistione tra Stato e religione è quanto di più immorale e perverso possa esistere. Historiam docet.”
“Maestro, m’inchino alla tua profonda saggezza.”
“Figliola, inchinati solo a chi combatte per la pace e non a chiacchiere, ma con i fatti.”