Il “fermarsi” per poter attingere risorse da un’incredibile congerie di ridondanti energie psichiche; il “lasciar andare” gli svariati appigli dell’ego per riuscire a rilassarsi; la convergenza nell’ “attimo” per focalizzare il proprio centro di coscienza più intimo; sono tutti escamotage per ritemprarsi, ma soprattutto meditare.
Cosicché l’insondabile sarà a portata di mano, non più avulso o confinato tra le mere sfere del più immaginario sentire; non più quel banale concetto semi-atipico cui ricorrono un po’ tutti nei momenti di crisi, ma l’unico elemento invariante della coscienza. Sennonché il d-io co-scienza si erge da quel cantuccio solidale da cui finge compassione verso tutti e traduce in opera la forza che ha fin qui realizzato per declinarne poi l’intramontabile ciclo.
Che significa? Che la meditazione si attua soprattutto se completi il circolo: osservi, ossia contempli silente e senza giudizi, ma poi agisci, ti adoperi, quindi torni di nuovo a te stesso… così come la vita richiede in un’alternanza senza principio né fine.