Il risveglio della coscienza. Uno dei postulati della meditazione, ossia delle congetture che si desumono con l’esercizio di un’assidua pratica meditativa è la seguente: quanto più risali – o ti avvicini o intuisci – all’essenza della coscienza, tanto più divieni consapevole.
Imbrigliare la mente in modo che converga – in prevalenza – in una sola direzione. Contemplare un soggetto – una formazione mentale – in silenzio. Supponiamo sia la calma. Che puoi pensare sulla calma? Nulla, percepiscila! Protrai la sua sensazione fintantoché ti sentirai avvolto da una lieve cortina di quiete. Ed ecco l’immaginifico che prende forma, diviene reale. Ed ecco l’intangibile che si concretizza, dall’empireo dei concetti o delle idee si cristallizza per trasformarsi in vita vissuta.
L’immaginazione al servizio della meditazione. Concepisci, ti rappresenti, vagheggi la calma e lo diventi. Cosi come la (cosiddetta) calma – la tranquillità di spirito – non potevi pensarla, ma sentirla, ora che sei tranquillo i pensieri hanno rinunciato ad assillarti, le nubi della mente si dischiudono per mostrarti finalmente uno squarcio di sereno che si allarga, si espande sino a corrispondere, gradualmente, con il tuo intero orizzonte esistenziale.
Certo, leggere è un conto, provare un altro. Quindi predisponiti subito, concediti innanzitutto una pausa. Ora pensa all’impensabile, ossia la calma. Concepisci l’inaudibile, ossia il silenzio. Convergi sull’impercettibile, vale a dire la serenità. Riprendi a leggere solo dopo che avrai provato …
Che ne dici, hai immaginato la calma? In qualunque momento puoi frapporre un sipario dalla frenesia che ti coinvolge per lasciar spazio al tuo essere. Credici (con l’immaginazione) e quanto prima te ne sentirai avvolto, ti ci ritroverai immerso. Assisterai al tempo soggettivo che rallenta fino a fermarsi. Questo è lo stato di meditazione.