«L’esortazione conosci te stesso è un motto greco iscritto sul tempio dell’Oracolo di Delfi e può ben riassumere l’insegnamento di Socrate, in quanto esortazione a trovare la verità dentro di sé anziché nel mondo delle apparenze. La locuzione latina corrispondente è Nosce te ipsum. La frase scritta sul tempio tradotta recita: “Uomo, conosci te stesso, e conoscerai l’universo e gli Dei”. È anche utilizzata in latino la versione Temet nosce.» (1)
Oracolo di Delfi
“Ti avverto, chiunque tu sia.
Oh tu che desideri sondare gli Arcani della Natura,
se non riuscirai a trovare dentro te stesso ciò che cerchi,
non potrai trovarlo nemmeno fuori.
Se ignori le meraviglie della tua casa, come pretendi di trovare altre meraviglie?
In te si trova occulto il Tesoro degli Dei.
Oh! Uomo conosci te stesso e conoscerai l’Universo e gli Dei.” (2)
Facile a dirsi, molto più difficile da realizzarsi. Perché? Forse non ne siamo all’altezza? Forse difettiamo in fede? O è la forza di volontà che scarseggia? Già, come se bastasse possedere l’una o l’altra per conquistare l’ipotetica vetta della saggezza! In realtà la maggior parte di noi non è interessata affatto a conoscersi. Mentre da una parte supponiamo di sapere già tutto, dall’altra non vediamo cosa centri con la ricerca spirituale. L’equivoco scaturisce peraltro dal fatto che gli aficionades della spiritualità tout court sono convinti – così come sembra recitare l’Oracolo di Delfi – che il tutto sia racchiuso dentro ciascuno, ossia che il proprio sé più intimo corrisponda a una sorta stargate che consente il viaggio extrasensoriale che conduce al benessere, alla soddisfazione o al ridimensionamento di tutti i propri bisogni, per lo meno quelli psicologici, all’illuminazione.
Ma in realtà non vi sono porte, … . e il tutto è solo il tutto. Se non lo percepiamo è solo perché siamo ultra-affaccendati a cercare porte, a osservare il transeunte per identificarci con tutto ciò che tramonta. Sennonché durante quest’assurdità che definiamo ricerca dimentichiamo il solo stimolo che conti, l’unico trampolino da cui valga mai la pena di tuffarsi, la sola esplorazione che si può condurre tutto sommato senza eccessivi pericoli e che corrisponde … Beh, date le premesse, a questo punto chissà quale sublime pensiero dovrei formulare … E invece stavo parlando dell’essere. Conoscere se stessi equivale ad avvicinarsi all’essere. Tutte le forme di meditazione – osservazione del respiro compresa – non sono altro che modesti tentativi di approssimarsi o familiarizzare con l’essere. Concetto che sebbene venga riformulato e servito in mille e uno modi diversi possiede la medesima e identica valenza.
Ebbene siediti. Spina dorsale dritta. Metti un po’ le mani come e dove ti pare e … sii! Già, la super-formula è proprio: essere! E l’essere è sempre e solo qui e ora, nell’immediato presente.
Essere nell’attimo
Essere, sentirsi o ritrovarsi nell’attimo è quanto di più straordinario e gratificate possa capitare. C’è l’hai presente una vita in cui s’alternano sforzi, tensioni, poi ansia, se non piccole angosce? Credo proprio di si. E te l’immagini una vita in cui non ti risparmi affatto, t’impegni, aderisci, lotti, poi ti rilassi, o lasci correre, ma ti senti comunque centrato? La differenza sta nella qualità della tua presenza di spirito. Quando finanche le cellule più periferiche della tua essenza partecipano con slancio e, soprattutto, globalmente, per intero, appieno, all’inesauribile gioco della vita; quando ti ritrovi nell’attimo e le polarità si armonizzano e poi fondono, solo allora saprai chi sei realmente e cosa sia davvero la meditazione.
Aforisma
Scrive Blaise Pascal: “Ciascuno esamini i propri pensieri: li troverà sempre occupati dal passato e dall’avvenire. Non pensiamo quasi mai al presente o, se ci pensiamo, è solo per prenderne lume al fine di predisporre l’avvenire. Il presente non è mai il nostro fine; il passato ed il presente sono i nostri mezzi; solo il futuro è il nostro fine. Così non viviamo mai, ma speriamo di vivere e, preparandoci sempre ad essere felici, è inevitabile che non siamo mai tali.” (Pascal, Pensieri)
Epilogo
La meditazione, al contrario della religione, non offre risposte. Semmai pone e ripropone domande. Domande su domande, infiniti quesiti, interrogativi pressoché interminabili, nonché irrisolvibili. Già, per fortuna, altrimenti i pensieri proseguirebbero ad oltranza creando e ricreando un circolo vizioso che, volenti o nolenti, si alimenterebbe da sé. Esser capaci di fermare – di tanto in tanto, quando occorre comunque ritemprarsi – l’incessante flusso dei pensieri è la sola risposta possibile.