[ segue da “Cenni su Buddismo e meditazione 2°” ] Talvolta le inevitabili vicissitudini che prima o poi s’incontrano durante la propria esistenza appaiono eccessive. Se l’identificazione con gli eventi di routine è troppo intensa e coinvolgente potremmo incontrare qualche difficoltà. Ristabilire un’equa distanza tra le esigenze della quotidianità e le aspirazioni individuali o ideali è un compito tutt’altro che semplice. Il buddismo ci offre un soccorso indiretto.
Cenni su Buddismo e meditazione 3°
Per praticare la meditazione non è indispensabile studiare il Buddhismo. Tuttavia la conoscenza di alcuni suoi concetti fondamentali potrebbe risultare di grande aiuto.
Estinzione del sé e realtà dell’io
Quando i buddisti negano la realtà dell’io non intendono affermare che la persona non esiste, bensì ch’essa è composta da un’insieme di numerosi fattori che possono essere percepiti autonomamente l’uno dall’altro.
Per i buddisti irrealtà o non-realtà non implicano affatto non-esistenza. Irreale è una circostanza che, essendo prodotta da una serie di cause concomitanti, non ha una propria natura, non è autogena, cioè non si genera da sé.
Pertanto quando i buddisti affermano che il sé o atman o anima individuale non è reale ciò non significa che non esiste, bensì che la sua vera natura è composita ed in continuo mutamento. Il suo rapporto con la vita è come quello di un’onda con l’oceano. L’onda emerge, percorre una certa distanza, si affievolisce e infine viene riassorbita. Dopo di che il ciclo si ripete. Ma allora chi soccombe? Nessuno, perché ciò che si estingue sono attaccamenti, illusioni e identificazioni, l’inconsapevolezza della propria natura essenziale che genera sofferenza, tutto ciò che crediamo essere anima, mentre è solo puro e smisurato egocentrismo.
La continuità non consiste in una trasmigrazione di anime, bensì nella rinascita del carattere. Le forme-pensiero riemergono, si ripropongono, ma non vi è traslazione di un’entità-ego. Come affermò lo stesso Buddha, in sintesi, “il nostro pensare passa, ma i nostri pensieri continuano. Il ragionamento cessa, ma la conoscenza rimane. I tuoi Sâmskara, ovvero l’imput ricevuto dal karma delle tue precedenti esistenze durante cui non riuscisti a conseguire il risveglio, è il tuo sé. Nei tuoi Sâmskara tu continuerai a vivere e raccoglierai in esistenze future la messe seminata ora e in passato. Tu stesso raccoglierai ciò che semini, non altri”.
Il nulla, il vuoto
Il termine nulla “nothing” del buddismo è da intendersi come “nessun oggetto” (no-thing). Il nulla buddista è no-thing e non, come maliziosamente s’induce a credere, un vuoto assoluto.
Estinzione del desiderio
Estinzione del desiderio significa attribuire ad ogni cosa il giusto valore, ciò che effettivamente gli compete. Al di là della mera illusione che induce a identificarsi complessivamente con le proprie realizzazioni dimenticandone l’origine, noi stessi, la nostra ingegnosa e prolifica mente. In realtà, i desideri non si estinguono mai per scelte deliberate o costrizioni coercitive. Così saranno solo rimossi, relegati nei meandri dell’inconscio e pronti a ripresentarsi nuovamente, più vigorosi e travolgenti che mai, alla prima futile occasione. Al contrario, i desideri effimeri, possono essere superati, pressoché definitivamente, quando il proibitivo e affascinante alone misterico che li avvolge viene opportunamente smascherato da una sua chiara, puntuale e accurata osservazione e quindi, così facendo, smentito, demitizzato e ridimensionato. Riassumendo, bisogna evitare di essere posseduti dagli oggetti desiderati, è senz’altro lecito adoperarsi per ottenerli e disporne nel migliore dei modi, ma senza doverne dipendere.
Distacco
L’esperienza insegna che non si può essere attaccati morbosamente a ciò che si conosce davvero e intimamente, quel che si rispetta e si ama. Ciò vale sia nei confronti di se stessi che di altre persone, care o seducenti, e di oggetti particolarmente attraenti. Bisogna interagire sempre direttamente e mai in base a idee preconcette, pseudovalori predefiniti, pregiudizi. Il distacco non si ottiene prefiggendosi e adottando determinate modalità di comportamento. Per distacco non s’intende rinuncia o negazione, ma la realizzazione di una distanza equa e volitiva, tra le proprie esigenze interiori ed il mondo oggettivo, che si consegue quando la nostra capacità di valutazione diventa appena appena più intensa, penetrante, e si trasforma da semplice e banale comprensione in intuizione profonda dei vicendevoli rapporti d’interdipendenza e reciprocità. In realtà il distacco consiste, pertanto, in uno stato di grande imperturbabile sensibilità nei confronti del mondo.
Meditazione (cenni)
Per Buddha il Dhyana (meditazione) non è detrimento di coscienza, trance estatica o visione beatifica, ma deliberato e cosciente superamento dell’egoismo. Secondo la dottrina buddista vi sono quattro Dhyana. Il primo assorbimento (Jhana) è una condizione di gioia e soddisfazione che ha origine da una solitudine piena d’investigazione e di riflessione. Il secondo nasce dalla profonda tranquillità senza riflessione o investigazione. Il terzo conduce alla distruzione della passione. Il quarto consiste nella pura equanimità che pone fine al dolore. I quattro Dhyana sono solo punti di riferimento relativi. Utili per comprendere, al massimo, le circostanze del proprio training.
I termini jhana (pali) e dhyana (sanscrito) vengono tradotti come “concentrazione”, “assorbimento”, “meditazione”. In effetti indicano quello stato di relax durante il quale, nella mente, non c’è più soggetto né oggetto. In altre parole si tratta dello stato in cui la mente non è più attraversata da alcun pensiero. Quando il buddismo fu esportato in Cina, Dhyana venne pronunciata “ch’an”, infine in Giappone venne detta “zen”.
Conclusione
Per ultimare riporto in sintesi una riflessione del mio insegnante che mi sembra utile e appropriata.
Qualche tempo fa un amico, molto deluso dalle circostanze, mi chiese: “questo mondo è solo immaginario”? Amico, gli risposi, ciò che in effetti esiste davvero è un giusto modo di concepire il mondo e le relazioni ch’esso comporta. Allora il mondo, nel raccoglimento meditativo che genera quiete e serena condiscendenza, rivelerà la propria vera natura ed apparirà prorompente, solido e solidale come non mai, un amico partecipe dei nostri bisogni e pronto ad esaudirli laddove ve ne sia vera esigenza. Perché il mondo, nonostante la sua apparente e ambigua freddezza e neutralità, non è un fattore alieno e indifferente, ma un soggetto vivo, coinvolto e appassionato.
– Cenni su Buddismo e meditazione 1°
– Cenni su Buddismo e meditazione 2°