La meditazione è come una casa aperta. Chiunque transiti da quelle parti può soffermarcisi per il tempo che gli aggrada, ritenga opportuno o gli sia giovevole e riceverne tutti i benefici possibili; tra cui, in primis, pace, relax, guarigione e consapevolezza.
Si, la meditazione, la sua importanza per il benessere psicofisico di ciascun individuo, ma prima o poi, seppur in forme e intensità diverse, incontrerai comunque qualche acciacco. La malattia potrebbe piombarti improvvisamente addosso. Ebbene, in tale – deprecabile – circostanza a cosa attribuiresti l’increscioso evento? Eccessi, sregolatezze, intemperanze … E se fosse il richiamo del tuo sé più intimo a rivolgere maggior attenzione al nucleo soprasensibile della tua personalità? L’ipotesi è suggestiva, ma incompleta.
Supponiamo che ad ammalarsi fosse una delle persone a te più care – per certi versi più preziose persino della tua vita stessa – che faresti, proveresti a meditare? O ti rivolgeresti a una determinata entità spirituale implorandone il salvifico aiuto? (Per inciso, è indispensabile ricorrere innanzitutto alla scienza medica).
La verità è che le vie sono tante, ma la cima del colle è una. Puoi attraversare i sentieri che dalla preghiera conducono al silenzio della meditazione, puoi meditare certo che la suprema preghiera scaturirà comunque da sé.
Sennonché l’obiettivo finale è identico: sia la vetta eterica della supercoscienza, che la più umile tra le valli possibili fanno parte di un gioco perpetuamente unico. Ed è proprio quell’Uno a cui attribuisci di continuo nomi e forme diverse come, ad esempio, meditazione, preghiera, guarigione, che ti sovverrà nelle forme o nei modi che una saggezza pressoché imperscrutabile riterrà più opportuno. Il problema di fondo – chiamalo come preferisci – è dunque tanto la dimenticanza di te stesso, quanto l’inconsapevolezza che la vita tende sempre e comunque a superare ogni forma di dualismo.
Quo vadis?
Rendersi conto della caducità della vita, costatarne l’impermanenza, solo allora cominci a cercare un rimedio. In un primo momento speri di trovare qualcosa che ti renda l’esistenza più sopportabile. Tenti di accettare comunque ciò che al momento ti sembra impietoso. Ma via via che procedi nell’insight, nell’indagine introspettiva, non puoi fare a meno di constatare che la sofferenza, di qualunque genere essa sia, non diminuisce affatto.
A dire il vero, tranne che in sporadici frangenti, non hai più nemmeno la voglia di meditare. Il silenzio metodico, la calma, benché preludio al benessere, non sono incisivi, sembra che ti sfiorino soltanto. Più che rimanere solo con te stesso trovi maggior sollievo nel distrarti. Quo vadis? Ma dove vai amico carissimo, a quale lido approdi, su quale molo sbarchi, dov’è che pianterai la tenda del rendez-vous con il provvidenziale spirito della guarigione per il sacro incontro che rappresenta quasi la tua ultima ancora di salvezza?
Ce l’hai presente la cresta di un’onda?
Questa preghiera d’aiuto l’affido ai marosi
affinché la trasformino in brezza
che la reciterà per inoltrarla nell’etere
che l’accoglierà per rilanciarla allo spirito,
l’eterno è invisibile soffio che smuove qualunque foglia,
ma senza vento.
Meditazione
Se la via della guarigione spirituale coincide con quella della ricerca dell’energia primordiale interiore, dell’essenza subliminale, della super-coscienza, dello spirito di consapevolezza o di una sua possibile manifestazione, il prana, come perseguirla? I modi sono ovviamente tanti. Per il momento ti accenno a un aspetto della meditazione che riguarda l’osservazione del respiro, ossia l’attenzione rivolta a inspirazione, espirazione e alle pause naturali che intercorrono tra queste due fasi.
Osserva l’inspirazione, quindi l’attimo o il frangente di pausa durante cui il processo s’inverte per divenire espirazione. A questo punto prendi atto dell’aria che fuoriesce fino alla seconda pausa tenuta in considerazione allorquando l’espiro si ferma da sé. Reitera. Via via che procedi il respiro rallenta e si approfondisce.
Quando respiri diventa il respiro. Non deve sussistere nessuna distanza, o meglio, nessuna separazione tra ciò che stai osservando, nel nostro caso, per l’appunto, il respiro nel suo complesso e colui che agisce.
Quando agisci cerca la fusione con il tutto unico. Diventa l’azione medesima. Fonditi in un abbraccio universale con l’insieme. Ma comincia dalle azioni più piccole. Assorbiti in tutto ciò che fai e non rifiutare l’ego, anche se in realtà è la causa di ogni dualità. L’ego si dissolverà da sé e con esso ogni senso di separatezza.
Epilogo
Il percorso verso la guarigione spirituale dipende, in linea di massima, dalla propria consapevolezza. Gli insegnamenti non si escludono l’un l’altro, ma sono rivolti sia a tipologie d’individui caratterialmente diversi che a soggetti che hanno avuto esperienze senz’altro differenti e che, quindi, necessitano di strumenti, ossia – parafrasando il noto detto buddhista – di zattere alternative. Esistono tante vie quanti sono gli esseri senzienti. E non solo vie, ma pure opinioni.